Non dimenticare! Non rimuovere! Non far sì che questa “storia incredibile” finisca nel cassetto dei ricordi di chi c’era e non sui tavoli di chi c’è. Queste sono le riflessioni principali che sono emerse dall’incontro-confronto che si è tenuto presso la Fondazione degli Avvocati di Torino Fulvio Croce, in occasione del quarantennale della ripresa del processo alle Brigate Rosse avvenuta il 9 Marzo 1978. Un incontro rievocativo voluto fortemente dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione Fulvio Croce proprio perché Torino, in quel tragico 1978, segnò una tappa fondamentale della vittoria dello stato di diritto nei confronti del terrorismo. Quarant’anni fa gli avvocati di Torino, o meglio quei 20 avvocati di Torino che accettarono il mandato di difensori d’ufficio dei brigatisti processati, dopo tanti rifiuti e tante rinunce di colleghi, insieme a dei magistrati coraggiosi e a dei giurati popolari che sulla scorta dell’esempio virtuoso del “Sì” di Adelaide Aglietta, permisero la ripresa di un processo iniziato nel 1976 e già due volte interrotto a causa di problematiche processuali apparentemente irrisolvibili. I brigatisti volevano invertire le regole del gioco: erano loro a processare lo Stato e non il contrario. Per questo avevano rifiutato la difesa aprendo un problema processuale per certi versi inedito e delicatissimo. Soltanto la creatività, la competenza, il coraggio e la tenacia di un gruppo di avvocati e magistrati torinesi superarono questo scoglio, non solo giuridico ma anche politico permettendo al Presidente della Corte d’Assise Guido Barbaro di riprendere il dibattimento quella mattina del 9 Marzo 1978. Il processo poté tenersi regolarmente anche in un clima terribile di minacce, attentati e altri morti ammazzati, concludendosi nel giugno dello stesso anno. Proprio per dare un ulteriore segnale di forza e di violenza, il 10 marzo 1978, il giorno dopo la ripresa del processo dunque, in una Torino militarizzata con oltre 4000 poliziotti e carabinieri schierati a presidio dell’aula di Tribunale e del centro cittadino, le Brigate Rosse uccisero il maresciallo Rosario Berardi, beffandosi della sicurezza e dando un segnale di forza e controllo del territorio spaventosi.

Proprio questi temi sono stati oggetto del dibattito torinese nella prestigiosa sede di Palazzo Capris. Hanno ricostruito sia dal punto di vista giuridico sia politico sia sociale, la storia di quel progetto alcuni dei protagonisti di quell’evento. L’avvocato e professore Emilio Papa, autore di un bel libro proprio su quel processo e uno dei difensori d’ufficio che avevano accettato l’incarico (uno dei venti coraggiosi insomma!) ha rievocato le ragioni storico-politiche della nascita delle Brigate Rosse e quindi dell’origine del processo torinese. L’avvocato Gianpaolo Zancan, anch’egli difensore d’ufficio, ha fatto rivivere al pubblico le emozioni, le paure, le contraddizioni di quel dibattimento e dei suoi protagonisti. L’onorevole Luciano Violante ha approfondito l’importanza in quei mesi del ruolo di “Torino capitale” e cioè di una Torino che ancora una volta rappresentava il laboratorio di una sfida difficile e coraggiosa innescata a beneficio di tutto il paese. Alberto Sinigaglia, presidente del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, quarant’anni fa giovane cronista delle pagine culturali de La Stampa ha raccontato le ultime ore di vita di Carlo Casalegno prima dell’attentato, ricostruendo anche il clima che regnava nella redazione dei giornali dove non tutti erano così convinti di dover combattere la battaglia per la legalità contro l’eversione delle Brigate Rosse. Gli allora giovani avvocati Fulvio Gianaria e Alberto Vittone hanno portato la loro testimonianza di difensori d’ufficio che affrontavano quella terribile esperienza con il coraggio della incoscienza, con la passione civile che batte ogni sentimento di paura. La nipote di Adelaide Aglietta ha letto un ricordo delle figlie dell’allora prima donna a ricoprire in Italia il ruolo di segretaria di un partito politico, quello radicale. La partecipazione attenta, accorata e silenziosa di un pubblico numerosissimo anche di giovani avvocati, ci ha dimostrato quanto sia importante coltivare la memoria della nostra storia anche recente. Bella o brutta che sia, va raccontata in tutti i suoi particolari anche quelli non politicaly correct. L’ambizione, proprio alla stregua dell’esperienza di questo dibattito, è quella di organizzare una giornata di studio il 25 giugno prossimo che ripercorra questa straordinaria storia con l’ausilio dell’autorevolezza di molti dei protagonisti, avvocati e magistrati, ancora viventi.

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