Pubblichiamo un contributo di Pickett apparso sulla testata L’Incontro sulle battaglie sostenute da Marco Cappato per la salvaguardia della dignità e dei diritti di scelta delle persone in fin di vita

Il DNA di questa testata è fortemente intriso della difesa dei diritti delle persone, meglio, dei diritti civili in senso lato. Il fondatore ne è stato il grande promotore e testimone durante tutta la sua vita. Soprattutto quando i diritti delle persone sono stati lesi o, peggio, non riconosciuti, la voce dell’Incontro si è alzata sempre come un grido. Come un urlo contro i soprusi, le vessazioni inferte a tutti quei soggetti che rivendicavano l’esercizio dei loro diritti di esseri umani, più o meno riconosciuti dagli ordinamenti statali.

L’avvocato Segre ha frequentato le aule di moltissimi tribunali d’Italia, difendendo prima e da solo gli obiettori di coscienza e poi tutti i soggetti titolari di diritti in qualche modo non riconosciuti o rispettati. Contribuendo negli anni a implementare la cultura etica, civile e giuridica del nostro Paese, dove spesso quella tutela non era ancora…disciplinata.

Proprio in quel “ancora”, troviamo oggi le ragioni dell’ultima battaglia che Marco Cappato. Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, ha deciso di combattere con il coraggio di chi rischia anche una condanna a 12 anni di carcere ma si getta lo stesso “nell’arena” per difendere i principi non negoziabili di giustizia e libertà. Giustizia perché è profondamente ingiusto che solo i ricchi possano scegliere i destini delle loro vite. Libertà, perché tutti dovrebbero possederla per poter scegliere il proprio destino, la propria vita.

La vita, il dolore e una legge da rifare

“Di chi è la mia vita? Di chi è il mio dolore?” si chiedeva nei giorni scorsi Luigi Manconi sulle colonne de La Repubblica. Marco Cappato, accompagnando Elena ha voluto darci un segnale forte. Ha voluto dirci come la legge italiana e anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale del nostro Paese, necessitino di un intervento del Parlamento. Un intervento atto a porre fine ad una discriminazione inaccettabile in un paese civile.

“Mi batto per quello in cui credo”

Marco Cappato ha scelto di battersi per Elena e per i tanti altri malati nella sua drammatica condizione. E’ impressionante e nello stesso tempo emozionante, leggere le sue dichiarazioni rese alla stampa dopo essersi autodenunciato ai carabinieri di Milano. “Ho il privilegio, con l’associazione Luca Coscioni, di potermi battere per quello in cui credo, per una libertà che va riconosciuta a tutti. Non è un sacrificio ma un onore che mi emoziona ogni volta. La gratitudine delle persone che ho aiutato vale più delle difficoltà che incontro. Anche più dei rischi a cui vado incontro

Il caso di Elena è diverso da quello di DJ Fabo: perchè?

Il perché lo spiega lo stesso Cappato con parole semplici e convincenti. “Si può dire che Elena sia stata discriminata dalla sentenza della corte costituzionale numero 242 del 2019. Quella pronuncia sancisce il diritto all’aiuto al suicidio solo per i malati tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale. A differenza del caso di DG Fabo, Elena non era tenuta in vita da alcun macchinario, quindi non rientrava nella deroga al reato di suicidio assistito“.

“In futuro continuerò a fornire questo tipo di aiuto”

Secondo Cappato bisogna intervenire con una riforma della norma in oggetto che non porti a discriminazioni inaccettabili tra pazienti nella stessa, drammatica situazione di dolore e irreversibilità del processo patologico. “Ai carabinier ho voluto chiarire che il mio contributo è stato indispensabile dalla logistica. Andando a prenderla a casa e accompagnandola con la mia macchina, fino alla traduzione dei documenti medici, una volta arrivati in clinica… Ho spiegato anche che Elena era perfettamente consapevole di non rientrare nei casi previsti dalla sentenza della corte. E  ho fatto presente che in futuro, se sarò in condizione di poterlo fare e se mi verrà chiesto, continuerò a fornire questo tipo di aiuto. Ovviamente, questo potrebbe avere una rilevanza sul piano giuridico per quello che viene chiamato il rischio di reiterazione del reato”.

L’autodenuncia è stata trasmessa alla procura di Milano

Verrà quindi aperto un fascicolo. Cappato rischia l’iscrizione per istigazione al suicidio. Vedremo quale sarà la valutazione dei magistrati a cui verrà affidato il caso. L’Incontro seguire da vicino l’evolversi dell’istruttoria e sarà sempre schierata nella difesa della posizione assunta da Marco Cappato, l’erede naturale della “parte” migliore di Marco Pannella.

Giustizia e Libertà si tutelano, in uno Stato laico, offrendo a tutti i cittadini , a prescindere dalla loro dichiarazione dei redditi, i servizi connessi e conseguenti alle loro scelte etiche e religiose che vengono sempre prima dei diritti. Ognuno può scegliere quello che crede (Libertà) ma quando ha deciso , non deve “scappare” all’estero per poter esercitare la sua scelta. Questo è profondamente ingiusto (non è Giustizia) e illiberale.

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