Possiamo, per cortesia, rioccuparci dei problemi reali del nostro Paese, in un contesto internazionale che ci lancia segnali preoccupanti da più punti di vista?

Abbiamo, forse anche per la nostra nota “buona stella”, fatto Bingo con le elezioni al Quirinale.

Ora, più tranquillizzati per aver conservato una duplice guida autorevole, stimata e competente, nella stanza dei bottoni, ricominciamo subito a parlare di come affrontare un rischio concreto di inflazione-recessione-stagnazione aggravato da una crisi di geopolitica internazionale tutt’altro che marginale in Ucraina, e da una persistente, frustrante e oscillante convivenza con le nuove e ogni volta sorprendenti mutazioni del Coronavirus.

I rapporti delle più importanti agenzie mondiali sul 2022 fanno rabbrividire.

L’ultima relazione del Fondo Monetario Internazionale prevede un rallentamento dell’economia globale con la necessità di una revisione al ribasso di tutte le stime.

L’Italia crescerà meno del previsto quest’anno con un PIL al 3,8% anziché quello immaginato al 4,2%.

Secondo gli esperti dell’FMI a contaminare l’economia globale saranno la persistenza della pandemia, la strozzatura verificatesi nelle catene degli approvvigionamenti internazionali, l’inflazione con i prezzi energetici alle stelle, le tensioni geopolitiche come quella che sta accadendo in Ucraina.

Dello stesso tenore il contenuto del rapporto dell’Italian Weekly Economic Index (ITWEI), un centro studi creato recentemente dalla Banca d’Italia con il compito appunto di  monitorare gli sviluppi dell’economia globale.

Il termine più utilizzato nel rapporto ITWEI è “Rifrenata” con una manifesta sottolineatura di un rischio di rallentamento per non dire blocco della crescita, a causa soprattutto dell’aumento delle materie prime e della persistenza della pandemia.

I risultati forniti da ITWEI sono molto preoccupanti: i consumi sono in calo, l’industria era andata molto bene nel 2021 (anche su questo dato però dobbiamo essere francamente rudi: l’incremento del PIL 2021 era riferito al confronto con il tragico 2020, uno dei peggiori anni della storia della nostra economia che però, lo ripetiamo, era già sostanzialmente ferma rispetto a tutti gli altri paesi europei da almeno vent’anni!) e si è improvvisamente fermata, tutti i servizi legati al turismo – alberghi, ristoranti e spettacoli – che avevano dato segnali di ripresa sono nuovamente crollati.

Nel bollettino pubblicato in questo mese di gennaio, si sottolinea che non dobbiamo farci illusioni: già nell’ultimo trimestre del 2021 si era registrata una minor crescita rispetto ai precedenti tre mesi

Insomma il combinato disposto tra il Covid e l’aumento delle materie prime rischia di mettere a repentaglio la domanda interna e cioè i consumi e quindi la ripresa.

Confesercenti e Confcommercio hanno lanciato un monito a Draghi: “Omicron e la corsa delle bollette rappresentano una nuova emergenza che mette a rischio nei soli primi tre mesi del 2022 circa 6,4 miliardi di euro di spesa: una stangata che riprecipiterebbe i consumi ai livelli del secondo trimestre dello scorso anno, cancellando tutta la ripresa maturata nella seconda parte del 2021”.

Il calo di fatturato e i problemi legati al personale sono le criticità più evidenti per le due associazioni citate.

Di qui parte la richiesta urgente al governo di attivare sostegni per i settori più colpiti.

Ricordiamoci che la parola sostegni significa, sostanzialmente, un aumento del nostro debito, già altissimo e per ora non oggetto di contenzioso con Bruxelles grazie alla sospensione del Patto di Stabilità.

Ma prima o poi, frugali o non frugali, il tema della riduzione del nostro stock di debito tornerà ad essere l’argomento principe del nostro confronto con l’Unione Europea.

In questo contesto molte imprese hanno finito o stanno finendo la cassa: la Banca d’Italia ha sottolineato come siano già quasi 200.000 le segnalazioni alla centrale rischi di morosità dei debitori

Molte aziende rischiano il dissesto proprio a causa dell’aumento della bolletta energetica dai costi ormai insostenibili.

Come mai proprio adesso?

Gran parte dei prestiti garantiti dallo Stato (più di 300 miliardi) stanno arrivando alla scadenza e se non fossero rifinanziati o non fossero prorogate le garanzie, avremmo entro il 30 giugno 2022 una marea di fallimenti.

Anche su questo tema, le varie associazioni di categoria gridano tutta la loro disperazione: “E’ urgente prorogare tutti gli aiuti pubblici – ha scritto la FABI – per imprese e famiglie sia riattivando le moratorie sui vecchi prestiti, sia estendendo le garanzie oltre il 30 giugno”.

E come al “gioco dell’oca” si torna alla prima stazione: per poter adottare questi provvedimenti, legittimamente invocati dal mercato, Draghi dovrà far leva su un maggior debito e quindi su nuove manovre finanziarie correttive.

Ma ciò potrà durare fino a quando?

Continuiamo però la panoramica dei rapporti degli istituti specializzati.

La Cgia di Mestre ha fatto questa sintesi: rispetto al 2019 ammonta a quasi 36 miliardi di Euro l’extra costo che le imprese italiane sosterranno quest’anno a causa dell’aumento del prezzo delle tariffe elettriche.

Nel giro di tre anni il costo della luce è pressoché raddoppiato.

Se lo sommiamo al rincaro del gas, molte imprese dovranno, almeno transitoriamente, chiudere gli impianti produttivi.

Un costo, sottolinea la Cgia, che “rischia di mettere in ginocchio la nostra economia”.

I settori più colpiti saranno quindi quelli che registrano i consumi di energia più importanti come la metallurgia, il commercio, gli alimentari, la chimica.

La Cgia prova anche ad individuare dei rimedi a questo drammatico scenario a cui stiamo andando incontro: va attuata nel medio periodo una strategia europea comune per stabilizzare il prezzo del gas , uniformando le condizioni di approvvigionamento e riducendo così i differenziali di prezzo tra i paesi membri.

Inoltre il governo Draghi dovrebbe programmare un aumento delle risorse messe a disposizione degli utenti da quantificarsi in almeno un miliardo al mese fino al prossimo giugno 2022.

La politica dunque deve immediatamente tornare ad occuparsi del Paese e di una politica industriale ed economica che tenga conto di questo contesto.

Dobbiamo smetterla di cullarci dei risultati del 2021 che ormai sono lontani e soltanto distraenti per una saggia e necessaria nuova politica del governo.

A leggere le pagine di molti quotidiani o il contenuto di tanti siti economici verrebbe voglia di cambiare Paese.

Viviamo in un periodo storico che sembra caratterizzato soltanto da aspetti negativi.

Si alternano in un vortice forsennato crisi energetiche, trasformazioni digitali, pandemie, rischi di inflazione crescente, strozzature che bloccano la produttività di tante aziende in tutto il mondo, possibili scontri militari che potrebbero ulteriormente devastare lo scenario.

Come reagire?

Come individuare un percorso che permetta agli imprenditori di decidere di investire nonostante questo contesto?

Innanzitutto non dobbiamo mai smettere di cercare di capire le ragioni di tutto ciò che ci accade intorno; poi, pur nella differenza dei contesti sia politici sia economici, tornare ai fondamentali e alle lezioni di qualche grande economista del nostro recente passato.

Per chiudere questo pezzo con una parola di speranza, abbiamo recuperato uno stralcio di una lezione del Presidente Luigi Einaudi, un monito che ci aiuta a non abbandonarci al pessimismo e a riprendere la strada della speranza: “Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli e scoraggiarli”.

Non è soltanto il guadagno che li spinge, ma un’attitudine naturale, l’orgoglio di vedere la propria impresa svilupparsi, migliorare la propria reputazione, aumentare il numero dei clienti, consolidare il proprio marchio e la fiducia nei consumatori.

Ci vuole passione ed è proprio la passione che, accoppiata all’energia e alla salute (questa non dobbiamo mai sottovalutarla!)  ci guida verso i traguardi che ci siamo posti.

Dobbiamo però essere guidati da leadership autorevoli, consapevoli di vivere in una comunità allargata che deve avere gli stessi valori e gli stessi obiettivi, improntati anche ad una solidarietà sociale.

Scriveva recentemente Leopoldo Gasbarro nella sua rubrica “Mercati che fare”: “Anche i nostri investimenti hanno bisogno di una guida appassionata che ci faccia così costruire un futuro diverso, molto diverso da quel posto buio, cupo che immaginiamo oggi noi. Manca un po’ di luce? Accendetela. Guardate un’alba o un tramonto sul mare e non lasciatevi più vincere dalla contingenza e dal suo buio. Investire vuol dire guardare oltre, oltre le difficoltà del momento”.

Meditate gente, meditate, diceva Renzo Arbore.

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