I cazzotti sono arrivati improvvisi: impossibile scansarli, questa volta!

La metafora della boxe ci serve a fotografare l’attacco che Facebook e il suo fondatore hanno subito negli ultimi tempi.

Dopo anni di crescita senza limiti e, in fondo, senza regole, il gigante di Menlo Park, si sta “arrabattando” tra diverse criticità, legali e tecnologiche che lo hanno tramortito.

Il titolo è precipitato da 380 dollari a 333 dollari in meno di tre settimane.

Il guerriero Mark ha visto la capitalizzazione del suo gioiello scendere a 940 miliardi di euro contro i 2370 miliardi del suo grande competitor Apple, i 2221 miliardi di Microsoft, i 1800 miliardi di Google e i 1700  miliardi di Amazon.

Sul piano privato, Zuckerberg ha visto il suo patrimonio ridursi di una ventina di miliardi di dollari. Sì avete letto bene: da 141 miliardi a 121 miliardi di dollari!

Cosa è successo e cosa sta succedendo ad uno dei principali giocatori della Rete mondiale insieme a Google, Apple, Amazon e Microsoft, tutti riuniti nell’acronimo GAFAM ormai diventato un termine non solo del linguaggio comune ma anche di quello giuridico e normativo?

Proviamo a riavvolgere il nastro delle ultime settimane.

  1. Il primo segnale di bufera è arrivato dall’autorevole Wall Street Journal che ha accusato Facebook di omertà: un reportage del periodico americano ha evidenziato i gravissimi impatti negativi per i giovani che utilizzano Facebook. Dall’inchiesta emerge che Zuckerberg non solo era al corrente di questi problemi, ma ha volontariamente scelto di “nasconderli sotto il tappeto”.
  2. Negli stessi giorni dell’uscita dell’inchiesta giornalistica c’è stato il catastrofico blackout tecnologico di Facebook, non giustificato da nessun evento eccezionale né di mancanza di fornitura di energia né di natura metereologica. Il collasso di  Facebook è durato quasi sei ore e ha colpito quasi tutte le piattaforme del gruppo, come Instagram e WhatsApp.
  3. Intanto, continua a parlare con gli inquirenti e con la sottocommissione Commercio al Senato di Washington per la protezione dei consumatori, la ex manager di Facebook, la trentasettenne Frances Haugen. La Haugen lavorava proprio in una task force costituita, almeno apparentemente, per proteggere i clienti di Facebook dal rischio di soprusi, anche morali, nell’utilizzo dei servizi forniti dalla piattaforma. Le accuse che la Haugen rivolge a Facebook sono molto pesanti e vanno dalla omissione di intervento, nonostante le denunce che il suo team aveva inoltrato ai massimi vertici della società di  Menlo Park, fino alla certificazione della consapevolezza dei responsabili di Facebook di voler mantenere dei contenuti anche violenti e creatori di odio e divisività. Addirittura, secondo la tesi della ex dipendente di Facebook, proprio per queste pressanti denunce, il dipartimento fu smantellato e i dipendenti licenziati.

Se a ciò aggiungiamo le durissime dichiarazioni rilasciate da alcuni autorevoli esperti del settore, percepiamo la gravità della crisi che sta colpendo uno dei colossi del mondo del web.

Il senatore Ed Markey, per esempio, ha così commentato il quadro che sta emergendo nel corso dei lavori istruttori della sottocommissione Commercio al Senato: “Ecco il mio messaggio per Zuckerberg: il tempo che ti consentiva di invadere la nostra privacy, di promuovere materiale tossico per i nostri figli e di lasciare che predatori minacciassero  minori è scaduto.

Anche il senatore Richard Blumenthal, ex magistrato, protagonista di tante battaglie contro lo sfruttamento dell’infanzia nella Rete, non ha risparmiato nulla alla società di Zuckerberg: “Facebook è una scatola nera, ho chiesto alla Federal Trade Commission e alla Sec di investigare la situazione e vorrei che Zuckerberg venisse qui davanti a noi in audizione”.

Proviamo, dunque, ad entrare nel dettaglio delle varie contestazioni formulate contro Facebook.

La prospettazione giuridica è che il top management del gruppo abbia ripetutamente, nel corso degli ultimi anni, dolosamente pianificato una serie di attività lesive sia degli interessi dei consumatori, sia dei diritti delle categorie più fragili come i minori.

In più, di aver ripetutamente dichiarato alla stampa mondiale, proprio alla luce delle critiche ricevute, di aver adottato tutta una serie di misure precauzionali nell’ottica di tutelare sia i consumatori sia i più giovani; proprio in questo contesto Zuckerberg aveva annunciato di aver istituito dei dipartimenti interni mirati al presidio e al monitoraggio della tutela di tutta la clientela delle piattaforme del gruppo (ormai più di 2 miliardi 800 milioni di utenti nel mondo).

La Haugen, proprio in una audizione recentissima al senato di Washington ha dichiarato: “Sono qui oggi perché sono convinta che i prodotti e servizi Facebook danneggino i bambini, dividano il pubblico e indeboliscano la nostra democrazia”.

L’ex manager ha fatto verbalizzare che le denunce della sua task force furono ignorate e il dipartimento chiuso proprio in coincidenza dell’invio di documenti, ai vertici del gruppo, sui possibili impatti pericolosi verso l’utenza di certi contenuti.

Un altro esempio delle condotte illecite messe in atto dal gruppo di Menlo Park riguarda il programma denominato XCheck.

La presentazione di XCheck evidenziava che tutti i clienti sarebbero stati trattati nello stesso modo secondo certi standard minimi di comportamento.

Nella realtà il software, costruito per la clientela Vip, consentiva ad alcuni milioni di clienti ricchi e con un alto profilo di consumo, di essere protetti meglio ed in maniera più sicura sia da intrusioni indesiderate, sia da controlli di terzi.

Lo scandalo è scoppiato quando alcuni di questi utenti Vip, approfittando della loro posizione “protetta”, hanno pubblicato materiale illegale che incitava all’odio e alla violenza o che presentava profili di ingannevolezza verso i consumatori.

Emerge, dall’istruttoria in corso, che è stato proprio Zuckerberg a decidere di resistere dal modificare il contenuto del software che conteneva dialoghi e dichiarazioni mirate a creare tensione nei follower.

Parrebbe addirittura che il fondatore della piattaforma giustificasse la sua rigidità nel modificare il programma XCheck proprio perché una riduzione dei contenuti “forti e violenti” avrebbe potuto significare la riduzione del numero di follower della piattaforma.

L’elenco delle criticità legali prosegue con (i) l’aver lasciato troppo spazio alle tesi dei no-vax, (ii) “mano libera” a chi cercava di adescare minori su internet, (iii) appoggio nell’utilizzo della piattaforma ai protagonisti della tragica protesta del 6 gennaio a Capitol Hill, per coordinare la loro azione.

Il mercato si sta chiedendo se quello che sta succedendo a Facebook sia un laboratorio, quasi un’anticamera, anche per gli altri quattro giganti del web.

Dopo le Autorità fiscali europee che hanno voluto ridurre l’autonomia dei membri del GAFAM nella possibilità di scegliersi la miglior giurisdizione dove allocare i propri profitti per ottimizzare i carichi fiscali, adesso si muovono, finalmente, aggiungiamo noi, altre Autorità, alla caccia di altre ipotesi di illecito commesse in questi anni di “Far West” dai GAFAM a danno dei consumatori ingannati e manipolati.

Potrebbe essere una svolta epocale tale da ridurre il perimetro di un oligopolio ormai più potente, sia economicamente sia politicamente, di molti Stati del Villaggio Globale.

Nei prossimi giorni seguiremo l’evolversi della situazione e vi terremo costantemente informati.

Il paradosso di questo scenario è rappresentato dal fatto che proprio nelle stesse ore in cui scoppiava la tempesta su Facebook, il vice presidente mondiale della compagnia, Kevin Salvadori (con un padre di Cesena e una madre irlandese), capo della divisione sviluppo del business di Facebook a livello mondiale, presentava a Jaime D’Alessandro, su Repubblica, i tre nuovi e rivoluzionari prodotti che saranno lanciati nei prossimi mesi sul mercato proprio da Facebook.

Il tutto finalizzato ovviamente ad aumentare il numero dei follower del colosso americano.

I tre prodotti sono i seguenti:

  1. Un cavo sottomarino che collegherà l’Europa e gli Stati Uniti entro il 2024 capace di prestazioni almeno 200 volte superiori a quelle attuali.
  2. Un robot chiamato Bombyx che non solo fa il mestiere di avvolgere la fibra ottica intorno ai fili dell’alta tensione ottimizzando quindi la rete elettrica esistente, ma potrà superare in autonomia persino gli attuali tralicci.
  3. Una nuova tecnologia wireless, infine, denominata in codice Terragraph che consente di coprire “l’ultimo miglio” senza bisogno di portare i cavi nelle case ma sfruttando, e qui sta la vera innovazione, le onde radio.

La presentazione di Salvadori è avvenuta proprio poche ore prima del tracollo borsistico del titolo di Facebook, ai primi di ottobre, quel tracollo causato proprio dai guai giudiziari e tecnologici che vi abbiamo raccontato.

Adesso dobbiamo scoprire la prossima puntata di questa storia.

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