Cento anni dopo, nasce il progetto denominato “La Repubblica Europea”. Il 9 novembre 1918, in una Berlino in piena guerra civile, sulle ceneri della monarchia prussiana conclusasi con l’abdicazione di Guglielmo II, l’Imperatore sconfitto, veniva proclamata la Prima Repubblica tedesca. Anzi, per la verità storica, nello stesso giorno, a poche centinaia di metri di distanza, ne venivano proclamate due: quella spartakista, rivoluzionaria e importata dal laboratorio russo dei bolscevichi, ormai da un anno al potere a Mosca; quella borghese e socialdemocratica che, al termine della vittoriosa guerra civile, nell’agosto del 1919 sarebbe diventata la Repubblica di Weimar. La prima democrazia repubblicana fondata su una carta costituzionale liberale.

Proprio riferendosi a quel modello di governance nazionale che nasceva dalla tragedia della Grande Guerra e dalla fine della monarchia degli Hollenzoller, un gruppo di intellettuali austriaci e tedeschi ha promosso e lanciato l’European Balcony Project, ufficialmente presentato a Weimar proprio il 9 novembre 2018, qualche giorno fa.

Robert Menasse, scrittore, saggista, europeista è stato uno degli ideatori del manifesto fondativo della cosiddetta Repubblica Europea.

Intervistato da Tonia Mastrobuoni, di Repubblica, ha voluto precisare le finalità dell’iniziativa, un tentativo di salvare e rilanciare il vecchio ma modernissimo manifesto di Ventotene, quello che partorì la prima visione di un’Europa unita e federata. Un progetto che, a sei mesi dalle prossime elezioni europee, programmate per il maggio 2019 (“Le più dure e difficili nella storia europea” le ha definite Angela Merkel) si caratterizza come l’ultima possibile sfida per evitare il tracollo di un’Europa unita, federata, compatta e competitiva rispetto agli altri grandi protagonisti mondiali.

Menasse è molto critico nei confronti delle attuali leadership di governo: I governanti attuali non hanno idea di cosa sia l’Europa. Non hanno una visione, non c’è un’offerta politica per il futuro, non c’è un dibattito se non da parte di chi la vuole distruggere. In questo deserto di proposte, noi scrittori ed intellettuali abbiamo voluto saltare su un palco e farne una. L’Idea dei fondatori non è quella che vediamo adesso. Monnet non voleva integrare gli Stati: voleva unire i cittadini”.

Lo scrittore austriaco crede che se non si arrivasse entro breve termine ad una Repubblica Europea, il mercato unico e l’Euro non basteranno per tenere insieme i vari popoli del continente: L’Europa politica è urgente e servono un governo unico e un Parlamento vero. Alla lunga anche il mercato unico o la moneta comune non possono sopravvivere senza una testa politica. Inoltre non possiamo vivere nella stessa comunità e avere un accesso così diverso all’istruzione o agli aiuti sociali, pagare tasse così diverse tra un Paese e l’altro. L’Europa o è sociale o non è”.

Quale Europa immagina? Gli ha chiesto la Mastrobuoni. Dobbiamo fondare una Repubblica Europea che sia solidale, che garantisca i diritti civili e la partecipazione a tutti. Anche la Repubblica di Weimar fu un esperimento: dobbiamo tentare di costruire una “democrazia post-nazionale”. Sono convinto che la stragrande maggioranza dei cittadini non desideri un ritorno ai nazionalismi e ai rischi di guerre. Ma il dibattito è dominato dalle urla dei nazionalisti. Peraltro sono loro a sabotare l’Europa: vanno a Bruxelles, boicottano tutto e poi tornano e sbraitano contro l’Unione Europea che “blocca tutto”.

Per Menasse la sinistra ha sbagliato rotta scimmiottando tardivamente battaglie tipiche della destra: La sinistra di oggi è giunta alla fine di un processo di delegittimazione in cui si è infilata da sola. Si è spostata a destra sull’economia, sui migranti, sul lavoro e su altre questioni cruciali, solo per rincorrere la destra. I cittadini non possono credere ad una sinistra nazionalista che fino a ieri cantava L’Internazionale, è ridicolo. La sinistra deve capire che chi si spinge sulle posizioni della destra, è di destra. Il compito storico della sinistra deve restare quello dell’uguaglianza, di un’Europa sociale e solidale. Di una Europa come grande progetto di pace”.

Non risparmia infine dure critiche anche ad Angela Merkel a cui riconosce di aver evitato l’implosione del progetto europeo ma a cui addebita di non aver scaldato i cuori dei cittadini europei: “Il grande merito di Angela Merkel è avere impedito la fine dell’Europa e rallentato le forze centrifughe. Ma parliamoci chiaro: non ha mai fatto nulla di visionario. Non ha realizzato nulla per farla andare avanti. La Germania è il paese più potente; lei ne ha sentito la responsabilità e il suo programma è stato soltanto quello di impedire che l’Unione Europa finisse. Ma l’Europa dei fondatori doveva essere senza leader, riluttanti o no, senza Paesi più potenti e influenti di altri. E adesso siamo dinanzi alla sfida più grande: quella per la sopravvivenza della democrazia e dei diritti. L’Europa ne è la culla: deve diventare una repubblica unica che torni a salvaguardarli”.

Proprio nelle stesse ore in cui veniva ufficialmente lanciato il progetto della Repubblica Europea, ad Helsinki durante il congresso del Partito Popolare Europeo, accadevano fatti di un certo rilievo politico prospettico. Innanzitutto il leader moderato bavarese Manfred Weber prevaleva nei confronti del finlandese Alexander Stubb per la guida della prossima Commissione Europea. Ha vinto dunque il conservatore moderato nei confronti del più duro anti populista, l’ex ministro finlandese appunto. Il “come mai” di questo appoggio politico importante lo ha spiegato lo stesso Orban, il leader sovranista ungherese. “Faccio il duro, è vero –  ha detto Orban ai giornalisti accorsi ad Helsinki – ma perché se non lo facessi da me prenderebbero il sopravvento i filo-nazisti. Ma io sono e resto popolare con voi”.

La vittoria di Weber è stata netta con l’80% dei voti ottenuti grazie ad un consenso trasversale arrivato anche dai voti dei discussi leader sovranisti del patto di Visegrad come Orban appunto e l’austriaco Kunz.

In secondo luogo il discorso inaugurale del congresso del PPE di Angela Merkel (il suo ultimo discorso di addio prima dell’annunciato ritiro) è stato forte e alto. Suggestivo nel richiamo alle tragedie del ‘900 originate da una Europa divisa e bellicosa con la cifra dell’egoismo nazionalista a prevalere drammaticamente rispetto al sogno pacifico e unitario: “Il voto di maggio diventa la sfida contro i vecchi fantasmi del nazionalismo – ha detto la Merkel – dovremmo dimostrare di aver imparato dagli orrori del ventesimo secolo che solo insieme, in Europa, si è più forti.

I fantasmi evocati dalla cancelliera tedesca prendono corpo proprio dalla lettura degli ultimi sondaggi sugli esiti delle prossime elezioni europee del maggio 2019. Il PPE resisterebbe al 25% circa con 180 deputati; i socialisti scenderebbero a circa il 20% con 139 deputati e tutte le sigle, per ora, frantumate della destra, potrebbero raggiungere un ipotetico 25%.

Con questa prospettiva elettorale il congresso del PPE ha evitato una decisa svolta a destra come pronosticata da molti, e con l’elezione di Weber, si è candidato a rilanciare il progetto di una Europa unita e federata e come dice Menasse, pronta a diventare a breve termine una Europa politica: la Repubblica Europea.

 

Comments (1)
  1. Riccardo Tosi (reply)

    14 Novembre 2018 at 18:37

    Quanta ragione ha Menasse!! Mi fa tornare al sogno di mio nonno di 70 anni orsono quando, a suo nipote decenne, preconizzava una Europa addirittura “esperantista”. Che idealista, quale mente proiettata nel futuro (e aveva 70 anni, che 70 anni fa….), ma anche che grande utopia alla luce del risultato! Non aveva considerato l’uomo, o meglio la sua decadenza, la sua stupidità, la poca lungimiranza nel disegnarsi un futuro. Per la sua serenità, per quella dei suoi figli, dei nipoti. Alla mia “lacerante” età (81) costa molto poco ricominciare a illudersi, a credere in un futuro capace di recuperare integralmente “l’uomo”. Anzi, è un modo per succhiare ancora un po’ di adrenalina al poco tempo rimasto. Auguri ai Menasse di tutta Europa, specialmente a quelli italiani.

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