Siccome capita di rado soprattutto in questo caotico contesto in cui stiamo vivendo, ho deciso di socializzarvi un breve resoconto di un amico che ha partecipato ad un incontro riservato ed informale con il ministro Padoan.

Ne emerge ovviamente un quadro relativo allo stato di salute dell’economia italiana e delle sue prospettive.

Ma ne scaturiscono anche alcune riflessioni sulle modalità comportamentali del nostro ministro dell’economia che vale la pena evidenziare a tutti voi.

Pickett ritiene che il nostro paese abbia bisogno di una leadership politica in grado di governare in maniera seria, professionale e non velleitaria.

Come ci ha insegnato De Rita in un precedente contributo su questo blog, non abbiamo bisogno di gente che si candidi a comandare, vogliamo soltanto delle persone autorevoli, sobrie e adeguate alla complessità dei ruoli che ci permettano di “navigare” in un contesto mondiale tutt’altro che semplice per portarci in un porto sicuro.

Ecco dunque il resoconto del nostro “007” alla riunione con il ministro Padoan.

“In un incontro tenutosi di recente al Centro Einaudi il ministro Padoan, anche sulla base di alcune analisi e simulazioni elaborate dal Centro Studi stesso, ha delineato i termini essenziali di una strategia economica per l’Italia che mi pare interessante conoscere. Chiedendo venia per la necessaria semplificazione (e magari per qualche imprecisione), di seguito ne vengono tracciati i termini essenziali.

Partiamo da alcuni dati fondamentali di riferimento relativi all’economia italiana:

– il fatto positivo è che siamo in presenza finalmente di una ripresa economica che appare strutturale e non meramente congiunturale;

– il fatto negativo è che il livello di tale ripresa (circa 1,5%) rimane sostanzialmente inferiore a quello degli altri paesi sviluppati e a quello medio europeo, dove si posiziona al di sopra del 2%;

– da 3-4 anni a questa parte abbiamo perso il contatto con il gruppo delle altre economie sviluppate, che continuano a correre più di noi, costretti ad arrancare senza riuscire a recuperare il distacco che si è creato;

– l’andamento economico più favorevole del contesto economico internazionale è destinato a creare una situazione di possibile alto rischio qualora, come è probabile, i tassi riprendessero a salire per tornare a livelli più normali. Un fenomeno di questo genere, collegato al nostro elevatissimo indebitamento, verrebbe a colpire pesantemente la nostra finanza pubblica, impedendoci di procedere sulla via di un risanamento che è invece necessario e urgente;

– come i ricercatori del Centro Einaudi hanno evidenziato, se l’Italia riuscisse ad aumentare la propria crescita al 2,5%, il futuro diventerebbe assai più roseo e sostenibile. Infatti, se si provvedesse in parallelo a tenere sotto stretto controllo la spesa pubblica (non necessariamente riducendola, ma innanzitutto riqualificandola), in 10 anni il debito pubblico potrebbe essere riportato al di sotto del 110% del PIL (livello ancora alto, ma molto più sostenibile di adesso) e si ridurrebbe significativamente la disoccupazione (soprattutto giovanile), alimentando la risorsa più importante, ma oggi più deficitaria, per la salute di un sistema economico: la fiducia.

Il problema diventa pertanto quello di aumentare la crescita e riqualificare la spesa pubblica, entrambi obiettivi che possono essere perseguiti soltanto se ci si dà una prospettiva di medio-lungo termine.

Come fare? La chiave sta in una sola parola: investimenti, senza i quali non si può che marciare verso un inevitabile e pericoloso declino.

Gli ambiti di investimento decisivi, a giudizio di Padoan, sono sostanzialmente tre:

– gli investimenti pubblici in infrastrutture, di cui il paese ha un bisogno semplicemente spaventoso;

– gli investimenti in costruzioni (edilizia), oggi ridotti ai minimi termini, per la loro eccezionale capacità di generare indotto;

– gli investimenti privati, che appaiono in promettente ripresa ma sono ancora molto “timidi”. 

In merito, paradossalmente il problema non è finanziario (i soldi ci sono o si possono trovare, e in molti casi sono addirittura già stati stanziati), ma riguarda piuttosto altre condizioni di contorno: i meccanismi di spesa, che ritardano gli investimenti pubblici in misura esorbitante (ad esempio, il nuovo codice degli appalti ha ulteriormente appesantito la complessità delle procedure); i vincoli burocratici, che ostacolano l’attività edilizia e disincentivano gli investitori privati; il funzionamento della giustizia, che frena in particolare gli investitori stranieri.

Di qui l’esigenza di dare assoluta priorità al funzionamento della macchina amministrativa pubblica: come dice Padoan, la riforma della P.A. è una impresa terribilmente complessa (come dimostra la persistente sproporzione tra gli sforzi finora messi in campo e i risultati conseguiti), ma costituisce ineludibilmente “la riforma necessaria per fare le riforme”.

Detto questo, emerge in tutta evidenza una ulteriore necessità: quella di disporre di un capitale umano di adeguata qualità, perché l’energia necessaria a sviluppare le attività economicamente più promettenti e a trasformare la produttività della macchina burocratica necessitano di competenze spesso diverse da quelle tradizionalmente più diffuse e presenti (pensiamo ad esempio ai processi di digitalizzazione). Di qui la assoluta priorità da dare alla formazione dei giovani: da un lato per favorirne l’occupazione (un paese in cui tanti giovani non studiano né cercano lavoro è un paese che si sta suicidando), dall’altro per mettere a disposizione del paese quelle conoscenze che sono oggi e ancor più saranno domani indispensabili per sostenere lo sviluppo economico.

In sintesi, le parole-chiave di una strategia economica attendibile si possono così riassumere: prospettiva di medio-lungo termine, investimenti, sviluppo del capitale umano, controllo della spesa pubblica, riforma della P.A. 

A margine e integrazione di quanto riportato, aggiungo solo due considerazioni personali:

– quasi nulla, dei temi strategici indicati, è presente nel dibattito elettorale cui stiamo assistendo;

– la figura di Padoan mi ha particolarmente colpito per numerosi aspetti: l’eccezionale competenza tecnica (d’altra parte, basta consultare il suo curriculum per convincersene), il grande equilibrio delle idee e dei toni, la chiarezza del linguaggio (mai per addetti ai lavori e mai retorico, “politico” o polemico). In sintesi, una persona che trasmette la sensazione che di lui ti puoi fidare, caratteristica che per un Ministro dell’Economia e delle Finanze non mi pare trascurabile.”

Grazie Giorgio del contributo, ci è servito conoscere meglio un personaggio pubblico di vero spessore.

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