Questa notte ho fatto un sogno. Un gruppo di giovani stufo di essere dimenticato, messo in un angolo, strumentalizzato soltanto in campagna elettorale e poi “rinchiuso a chiave in un cassetto”, fondava un partito. Una nuova formazione dedicata soltanto a far crescere la cultura generale in materia di politiche giovanili. Non soltanto in delle suggestive slide ma nella quotidianità della vita, della scuola, del lavoro, della dignità di un ruolo fondamentale nel succedersi delle generazioni.

Forse condizionato da una lunga chiacchierata con i miei due nipoti, Giuseppe e Giovanni, protagonisti della faticosa e frustrante fascia di età ( 18-35) in cui i sogni si infrangono contro una realtà quasi respingente, ho fatto una serie di riflessioni che vi socializzo. Tutte mirate a mettere le mani davvero nella complessità, apparentemente irrisolvibile, di trovare una soluzione per delle politiche che davvero si concentrino sui giovani. Politiche che finalmente mettano fine ad un esodo di cui i nostri ragazzi sono vittime e non protagonisti. Non vorrebbero farlo ma sono costretti a farlo.

1) È stato calcolato che ogni finanziaria votata dal nostro parlamento, fatto 100 l’ammontare delle risorse dedicate, ne impegna per i giovani non più del 5%. Tutto il resto è stato, più o meno formalmente, indirizzato verso investimenti mirati a proteggere le generazioni più anziane. Tra pensioni, assistenza, politiche del lavoro, la gran parte dei fondi esistenti, perché i fondi esistono come ci ha confermato il ministro dell’economia Padoan nel precedente contributo a Pickett, viene impegnata per sostenere-proteggere-assistere le fasce di età ricomprese nella forbice dai 40 ai 90 anni.

La prima riflessione è dunque quella di cambiare orizzonti. Di darci altre priorità. Di mettere i giovani in testa alla lista del “To Do” del paese facendo convergere su di essi, attraverso adeguate politiche sia nel campo della formazione sia del lavoro, le risorse finanziarie necessarie a tali obiettivi.

È un problema di volontà non di possibilità!

2) La nostra capacità di ascolto del pensiero, delle istanze, degli auspici dei nostri figli o dei nostri nipoti è molto ridotta. O peggio, è apparente ma non reale. Non ci dedichiamo abbastanza tempo, attenzione, progettualità. Forse soltanto quando tale ascolto riguarda il futuro dei membri della nostra comunità affettiva più vicina, ci dedichiamo la giusta attenzione. Se no il tema sembra quasi che non ci riguardi. Vi assicuro è un peccato: la recente esperienza mi suggerisce di sottolinearvi quanta vitalità, passione, energia ci può arrivare addosso, positivamente, confrontandoci con le nuove generazioni. Il fatto di non aver ancora indossato, o dovuto indossare, i panni del cinismo, del pragmatismo, dell’egoismo degli adulti, li mette in condizione di poter ragionare senza i vincoli, i condizionamenti, il realismo che popola i nostri abituali circuiti cerebrali. È una ventata di entusiasmo, una iniezione di positivismo che non può farci che bene. Attraverso l’ascolto poi, si capisce quale sia il vero significato del cosiddetto patto generazionale: l’incontro, il confronto, la dialettica costruttiva tra persone che, aldilà dei vincoli affettivi, ragionano, con anagrafe diversa, per passarsi un testimone che possa creare valore, continuità, sicurezza, stabilità. Insomma tutte le cose che servono agli umanoidi per cercare di costruirsi una vita dignitosa, di qualità, non soltanto legata agli egoismi di bottega.

3) il partito dei giovani: certo non ci sarebbe davvero bisogno di una nuova formazione politica! Però io credo che se il nostro immobilismo dovesse continuare, chiuso nell’egoismo del occuparci degli affari nostri e non di quelli delle nuove generazioni, tale strumento potrebbe diventare l’ultima speranza per illuderci che questo paese possa avere un futuro.

Immagino dunque dei trentenni che, sia nei luoghi della formazione scolastica sia nei siti dove le comunità si ritrovano, sia nei luoghi di lavoro, assumono il ruolo di registi di un cambiamento rivoluzionario e pacifico. Sconfiggendo l’intuibile sbigottimento degli anziani, andandoci oltre, sviluppando una cultura generale che valorizzi davvero il passaggio di quel testimone fondamentale tra chi l’esperienza l’ha già vissuta e chi ha l’entusiasmo per affrontare la complessità della vita odierna. Tra l’altro, il partito dei giovani avrebbe importanti collegamenti a livello internazionale: il tema non è soltanto italiano e, nella diversità dei vari paesi, riguarda comunque tutti i ventenni che si affacciano al mondo del lavoro e della vita.

Incominciamo davvero a metterli al primo posto delle priorità di una politica generale del nostro paese: in caso contrario, a breve, li perderemo quasi tutti e, nel medio lungo termine, i sopravvissuti ci “rottameranno” con ragione.

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