110 anni fa, il 3 febbraio 1909, nasceva a Parigi Simon Weil, per Albert Camus “il più grande spirito del nostro tempo”.

Di origine ebraica, la Weil, combatté con le armi del pensiero e dei comportamenti tutte le dittature del ‘900.

Gravemente malata morì nel sanatorio di Ashford nei dintorni di Londra il 24 agosto 1943, a soli 34 anni.

Pickett ritiene che sia giusto, doveroso e opportuno rendere, in questo anniversario, un grande omaggio a questa pensatrice del “Secolo breve” che analizzò, attraverso la sua cultura marxista intrisa della tradizione filosofica dell’antica Grecia, i concetti di libertà e dittatura.

Per ricordarla e stimolare tutti i curiosi della materia ad andare a scoprirla o a riscoprirla, Pickett ha pensato di selezionare alcune sue riflessioni ricavandole dalla sua opera più famosa “Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale” scritta nel 1934 (Adelphi).

Si può intendere per libertà qualcosa di diverso dalla possibilità di ottenere senza sforzo ciò che piace. Esiste una concezione ben diversa della libertà, una concezione eroica che è quella della saggezza comune. La libertà autentica non è definita da un rapporto tra il desiderio e la soddisfazione, ma da un rapporto tra il pensiero e l’azione”.

“Disporre delle proprie azioni non significa affatto agire arbitrariamente; le azioni arbitrarie non derivano da alcun giudizio e, se vogliamo essere precisi, non possono essere chiamate libere. Ogni giudizio si applica ad una situazione oggettiva, e di conseguenza ad un tessuto di necessità. L’uomo vivente non può in alcun caso evitare di essere incalzato da tutte le parti da una necessità assolutamente inflessibile; ma, poiché pensa, ha la facoltà di scegliere tra cedere ciecamente al pungolo con il quale essa lo incalza dal di fuori, oppure conformarsi alla raffigurazione interiore che egli se ne forgia; e in questo consiste l’opposizione tra servitù e libertà”.

“Ma esiste ancora un altro fattore di servitù; l’esistenza, per ciascuno, degli altri uomini. Anzi, a ben guardare, è questo l’unico fattore di servitù in senso stretto; soltanto l’uomo può asservire l’uomo”.

“Perché tutto il resto può essere imposto dal di fuori con la forza, compresi i movimenti del corpo, ma nulla al mondo può costringere un uomo ad esercitare la sua potenza di pensiero, né sottrargli il controllo del proprio pensiero”.

“Dovremmo essere, così pare, in pieno periodo rivoluzionario; ma, di fatto, tutto va come se il movimento rivoluzionario decadesse con il regime stesso che aspira a distruggere. Da oltre un secolo, ogni generazione di rivoluzionari ha di volta in volta sperato in una rivoluzione prossima; oggi, questa speranza ha perso tutto ciò che poteva servirle di supporto”.

“Perché non appena un potere oltrepassa i limiti che gli sono imposti dalla natura delle cose, restringe le fondamenta sulle quali poggia, rende questi limiti stessi, sempre più ristretti. Estendendosi al di là di ciò che può controllare, genera un parassitismo, uno spreco, un disordine che, una volta apparsi, si accrescono automaticamente”.

Pensieri dunque estremamente attuali, nei “tempi bui” che stiamo vivendo.

Pensieri sui quali pensiamo valga la pena davvero soffermarsi, facendone tesoro.

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