5 febbraio 2018: una data che potrebbe essere ricordata come storica.

Lunedì scorso infatti sono trascorsi esattamente 10.316 giorni dall’abbattimento del muro di Berlino nell’autunno del 1989. 10.316 sono anche i giorni della “vita” del Muro da quando venne eretto nell’agosto del 1961.

Ce lo ha ricordato il quotidiano tedesco Berliner Zeitung aprendoci, almeno al sottoscritto, una giostra di pensieri, riflessioni, sorprese e, perché no, nostalgie.

Pickett ha deciso così di socializzarvele perché quel Muro ha rappresentato, nel bene e nel male, una delle icone più importanti per le nostre generazioni. Un simbolo di un mondo spaccato in due, drammaticamente diviso da cemento armato, calcestruzzo, fili spinati, terre di nessuno, garitte, Vopos, fucili spianati e cani ululanti.

La sua costruzione e la sua distruzione hanno segnato il ‘900. Per Eric Hobsbawm, il cosiddetto “Secolo Breve” si è aperto con la rivoluzione bolscevica del 1917 e si è chiuso proprio nel 1989 con la fine del Muro di Berlino.

I 10.316 giorni della sua esistenza e, soprattutto, i 10.316 giorni che sono già trascorsi da quel novembre 1989, che tipo di reazione scatenano? Eccovi quelle di Pickett, sistematizzate per titoli, in attesa di leggere le vostre.

Gli aspetti storici/politici:  abbiamo pensato che la Guerra Fredda fosse davvero finita, che l’incubo di un conflitto nucleare tra le due super potenze fosse tramontato. Ci siamo illusi che il nuovo mondo sarebbe stato migliore con una qualità di vita e dei rapporti fra le varie comunità internazionali senza precedenti. Abbiamo sbagliato! L’11 settembre 2001 ci ha aperto gli occhi. La democrazia non si esporta con gli slogan mediatici o con le armi. Tutto è più complicato e contraddittorio. Oggi abbiamo di nuovo diversi incubi di guerra associati a malesseri civici e religiosi con migrazioni di popoli difficili da gestire e includere. Il tutto condito da una rivoluzione tecnologica dalle enormi opportunità ma, nel contempo, dagli immani rischi educazionali e comportamentali.

I ricordi personali: il tempo delle tragedie non passa mai. Quello della loro liberalizzazione si avvia come un fulmine. Quasi non te ne accorgi. Mi sembra ieri quando, a Berlino per pura coincidenza, mi ritrovai, cronista non volontario, ad assistere “in diretta” a quell’evento sognato, auspicato, pensato e voluto, che finalmente accadeva proprio davanti ai miei occhi luccicanti. Una marea di gente, soprattutto studenti di giovane età, a colpi di scalpello, stava distruggendo, pezzo dopo pezzo, il monumento che rappresentava la tirannide, la galera delle libertà. Un’emozione grandissima. La sensazione che il mondo si stesse liberando delle catene di regimi liberticidi. Ero nato sulle suggestioni di frasi come “Io sono un berlinese” gridata da JFK davanti alla Porta di Brandeburgo, proprio nel cuore di quel maledetto Muro che imprigionava le idee, le opinioni, la libertà di migliaia di persone. L’idea di essere testimone oculare della sua fine, resero indimenticabili quelle ore.

Il Muro nella letteratura e nel cinema: se non ci fosse stato, avrebbero dovuto inventarlo! Se non stessimo parlando di una tragedia con decine e decine di morti e di lutti in tante famiglie berlinesi, il Muro è stato il grande protagonista di tantissimi romanzi e di molti film del cosiddetto filone delle Spy-Story. Quanti di noi pensano di aver veramente visitato quella Berlino clandestina, spaccata in due, vissuta da spie, mascalzoni, traditori, eroi. Quanti di noi hanno fatto le notti sveglie a leggere i romanzi ambientati in quell’atmosfera grigia, paludosa, tipica delle terre di confine, quelle dei confronti e spesso degli scontri fra due comunità. Se non fosse diventato il monumento di una tragedia europea, il Muro di Berlino si meriterebbe davvero “l’Oscar alla carriera”!

Il senso del tempo che passa: come detto, sono rimasto sorpreso dal leggere che sono passati 10.316 giorni da quella sera. Un’enormità: uno choc derivante dal fatto che, soprattutto, i berlinesi e i tedeschi dell’Est fossero rimasti “chiusi” al di là del Muro per gli stessi identici 10.316 giorni.  Una sofferenza immane: una tragedia apocalittica. Forse la concitazione e il “logorio della vita moderna”, come recitava Ernesto Calindri in un famoso Carosello di Cynar, sono la causa principale di questa strana sensazione di malessere che mi porta a dire–pensare “Ma come è possibile? Quanto tempo è passato! E quanto tempo hanno dovuto soffrire “quelli” che abitavano “al di là”, oltre quel maledetto Muro”.

Oggi la cronaca ci costringe, di nuovo, a  confrontarci con ipotesi di Muri per arginare-gestire fenomeni di migrazioni di popoli. La storia non è magistra vitae: lo sappiamo bene. Pickett lo ha proprio voluto scrivere nel suo primo editoriale della sua vita: un “NO”, grande come una casa, ai Muri e un grande “SI” ai Ponti.

Quindi la lotta politica e non violenta è basata sul “MAI PIU’” anche a costo di stare in minoranza e di rinunciare al sogno dei Ponti inclusivi e non dei Muri divisivi.

E’ passato tanto tempo ma in fondo anche … poco.

Non archiviamo quella storia facilmente, considerandola risolta come se fosse un happy-end cinematografico. Torniamoci sopra: studiamone la genesi, gli errori, gli obiettivi, i risultati. Non facciamo, per una volta, gli “Immediati” come direbbe Francesco Rutelli.

Meditiamoci sopra davvero.

Comments (1)
  1. Maurizio Baiotti (reply)

    8 Febbraio 2018 at 10:30

    Caro Riccardo, cosa succederà ai coreani quando cadrà il muro tra il loro nord e sud?

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