Nei prossimi venti giorni si giocano i destini futuri del Villaggio Globale.

Abbiamo già analizzato il quadro di riferimento del XX Congresso del Partito Comunista cinese che si è aperto domenica 16 ottobre e si concluderà nel prossimo weekend.

La scontata rielezione di Xi Jinping con un programma senza limiti di mandato… salvo la morte, che privilegia la sfida con gli Stati Uniti per la supremazia nel nuovo mondo e con le nuove geo mappe del potere mondiale con Pechino al centro degli interessi politici ed economici.

Una dottrina che si dovrà confrontare con la crisi interna (minor crescita del PIL, bolla speculativa immobiliare, enormi disuguaglianze nella popolazione, crisi di natalità) farcita dalla frustrazione di molti milioni di cinesi traumatizzati dai continui lock down, inutili e comunque non risolutivi.

Abbiamo, nel contempo, denunciato la delicatezza del momento per l’Unione Europea, profondamente divisa sulla politica energetica (Price Cap del gas) e non solo…

O, entro il 20-21 ottobre, alla prossima riunione di Bruxelles della Commissione (l’ultima a cui parteciperà Mario Draghi come rappresentante del nostro governo) si troverà una soluzione condivisa per fissare un tetto al prezzo degli acquisti di gas oppure il rischio che ognuno vada per la sua strada (come ci ha dimostrato proprio la scorsa settimana la Germania!) è altissimo.

Con tutte le conseguenze immaginabili in termini di realizzazione del progetto europeo.

Non dobbiamo però dimenticarci, in questo vortice di avvenimenti internazionali, che l’8 novembre negli Stati Uniti si terranno le elezioni di “Medio Termine”.

Gli americani saranno chiamati a votare per rinnovare  tutti i 435 seggi della Camera nonché 35 senatori su 100 e 36 governatori.

Secondo gli ultimi sondaggi, i repubblicani hanno il 70% di possibilità di riconquistare la maggioranza alla Camera,  mentre i democratici dovrebbero conservare quella al Senato.

Al partito di Donald Trump bastano 5 deputati per raggiungere la maggioranza alla Camera e spodestare Nancy Pelosi dalla carica di speaker.

Insomma, si preannuncia un esito elettorale con un congresso americano che andrà incontro ad una probabile paralisi legislativa per un paio d’anni, con i repubblicani a gestire le maggioranze alla Camera e i democratici a resistere nel fortino del Senato.

Le conseguenze potranno essere pesanti, sia nelle relazioni con la Russia e l’Ucraina, sia con la Cina.

Ci attendono 24 mesi caratterizzati dalla corsa di Trump per la rielezione “a tutti i costi” alla Casa Bianca nel 2024.

Il Partito Repubblicano ha puntato tutta la sua campagna sulla diminuzione dell’inflazione, sulla sicurezza, sulla gestione diversa dei flussi migratori, sulla pochezza del Presidente Biden; i democratici soprattutto sull’aborto e sulle conseguenze della decisione della Suprema Corte e sui rischi di una rielezione di Trump alla Casa Bianca.

L’editorialista del Corriere della Sera, Federico Rampini, lucido fustigatore, nei suoi ultimi libri, del declino americano, ha provato a mettere a confronto la liturgia del Congresso cinese con il meccanismo e le attese delle prossime elezioni americane del Midterm.

Stimolante è la riflessione che Rampini sviluppa sul diverso ruolo dello stato che i cittadini delle due nazioni, America e Cina, hanno consolidato nella loro cultura.

I cinesi, che non votano i loro rappresentanti, vivono la figura di Xi Jinping come il “guidatore” unico della politica di Pechino: nella sua testa e nelle sue mani ci sono le decisioni strategiche su come lo Stato potrà aiutare i suoi cittadini a tornare a crescere economicamente, a liberarsi dal Covid, a conquistare quella supremazia mondiale tanto sognata da secoli.

Gli americani, che possono votare i loro rappresentanti, sono molto più cinici ed individualisti.

Esercitano il diritto di voto con una partecipazione scarsa, intorno al 50%, e sperano che “i politici” lascino più “briglie sciolte” all’iniziativa privata, in grado di rilanciare il paese senza troppi lacci e lacciuoli della burocrazia di Washington.

L’American First è molto piaciuta almeno alla metà degli statunitensi e il paese non è mai stato così spaccato e lacerato da due diverse visioni sulla interpretazione della leadership della Casa Bianca.

Per Rampini, l’America, alla fine, vincerà la sfida con la Cina perché possiede i tre elementi chiave del cosiddetto “triangolo d’oro”: la moneta universale (un dollaro che sta tornando ad essere fortissimo); l’autosufficienza energetica (che permette una politica internazionale senza subire ricatti); il primato nelle tecnologie (nessun paese al mondo registra un tasso di invenzione o implementazione di nuove tecnologie come gli Stati Uniti).

Il trionfo annunciato di Xi Jinping, il probabile successo dei repubblicani alla camera nel Midterm con la certezza di una paralisi legislativa per tutti i prossimi 24 mesi, il temuto stallo decisionale all’interno dei paesi dell’Unione Europea, con l’ennesimo rinvio di ogni decisione, potrebbero realizzare la cosiddetta “tempesta perfetta”, con tutte le disastrose conseguenze sul piano economico e sociale.

Nelle prossime tre settimane vedremo come si svilupperanno gli eventi.

Il rischio alto e sottostimato di un ritorno della marea rosso-nera dei populisti e sovranisti, uniti soltanto dall’obiettivo di abbattere l’attuale sistema senza porsi il tema della sua riforma, potrebbe diventare la nostra drammatica realtà.

Occhi aperti dunque alle cronache delle prossime tre settimane.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.