Per l’Europa potrebbe essere uno degli ultimi treni per risorgere!
Per tornare a “contare” a livello mondiale sul serio, non solo come membro di uno dei tanti “G” sorti come funghi negli ultimi anni.
Il 2017 si apre con una agenda di appuntamenti giudiziari e amministrativi che vedranno impegnati da una parte gli uffici dell’Unione Europea e di molti tribunali del nostro continente e dall’altra parte i Big Four della Rete, Google, Apple, Facebook e Amazon: i quattro cavalieri dell’Apocalisse del web, ormai padroni del nostro futuro al di là della nostra consapevolezza in merito.
Con una economia ferma da alcuni anni, gravi problemi di governance e di identità davvero non banali e non più rinviabili, l’Europa può sempre sedersi al tavolo (se fosse davvero unita e condivisa .. cosa che attualmente non è!) del Villaggio Globale con 500 milioni di consumatori ad alto reddito, istruiti, di elevata capacità intellettuale e professionale.
In fondo, nonostante le crisi economiche e politiche, il primo mercato sofisticato del mondo in termini di appetibilità per i colossi del mass market mondiale.
Ebbene, proprio per questi motivi, il New York Times in questi giorni ha pubblicato un interessante approfondimento del giornalista Mark Scott sulle scadenze decisive per le Big Four in questo 2017 in Europa.
Infatti tutte e quattro, per ragioni diverse che vedremo tra poco, dovranno fare i conti con le nostre Autorità europee o nazionali di controllo su contestazioni per presunti illeciti che vanno dall’evasione/elusione fiscale alla violazione della privacy, dalla legge sulla concorrenza/antitrust alle violazioni della legge sul copyright.
Insomma un bel rischio. Una bella sfida. Una grande opportunità per la “vecchia e stanca” Europa di avere uno scatto di orgoglio, di dignitosa reazione, rifissando principi generali moderni ma precisi e puntuali in ordine alla disciplina normativa che dovrebbe finalmente regolare il Far West del web e dei suoi “campioni” imprenditoriali.
Non auspichiamo l’assunzione di posizioni manichee, ma l’analisi e il giudizio professionale, serio e scevro da pregiudizi di sorta, sui comportamenti imprenditoriali dei nuovi capitalisti del terzo millennio. Gli “squali” del vero capitalismo virtuale della Rete, come li ha definiti Federico Rampini in un saggio che anticipava lo strapotere dei giganti del mondo di internet.
Ma vediamo i quattro “risk assestment” di Google, Apple, Facebook e Amazon alla vigilia di un 2017 cruciale per la tenuta del loro attuale modello di business nel mondo.
Il mercato europeo è proprio importante in termini di fatturati potenziali per sottovalutare le prossime scadenze giudiziarie e amministrative.
Sarà una dura, strenua e costosa battaglia legale e processuale. Ma anche politica!
Ma seguiamo il filo del ragionamento di Mark Scott.

Google
Ha tre dossier aperti con la Commissione Europea con riferimento ai suoi “search service” e ad Android, il suo famoso sistema operativo per gli smartphone. La prima accusa riguarda una ipotesi di “unfair competition” messa in atto per la vendita dei propri prodotti rispetto a quelli dei competitor. Il giudizio potrebbe arrivare già in primavera e potrebbe portare ad una sanzione fino al 10% dei ricavi globali del gruppo. Google si è difesa sempre negando ogni addebito e sostenendo di non aver mai favorito i propri servizi/prodotti rispetto a quelli similari offerti dai concorrenti. Ha fatto grandi campagne pubblicitarie di comunicazione istituzionale per costruirsi un consenso tra il pubblico europeo. In ogni caso ogni decisione finirà in appello che durerà ancora per anni. Un altro fronte delicato riguarda la fiscalità. In Francia l’Autorità nazionale deciderà se Google deve pagare al governo francese tasse arretrate per circa 1 miliardo di dollari.

Apple
Prima di tutto ci sarà per discussione dell’appello contro la multa di 13 miliardi di euro inflittagli dalla Commissione Europea. La decisione è stata impugnata anche dal governo irlandese, la supposta parte lesa del comportamento tenuto da Apple. Entrambi gli appelli saranno discussi e giudicati dalla Corte di Giustizia verso la fine del 2017. Qui la politica avrà un ruolo importante per non dire decisivo. Apple sostiene di aver legittimamente ottimizzato una legislazione europea vigente che favoriva l’insediamento di imprese straniere in Irlanda. Dove risiederebbe dunque l’illecito? Il neo Presidente Trump ha semplificato la questione, giuridicamente e tecnicamente complessa, con uno slogan efficace: “Rimpatriate i vostri profitti in USA, tratteremo aliquote fiscali interessanti per voi”.
L’Europa è di fronte dunque ad un bivio delicatissimo: gestire con prudenza e assennatezza la questione o rischiare di perdere importanti “datori di lavoro” sul continente. Trump è deciso a riattirare in patria le imprese americane emigrate all’estero per ragioni fiscali. Come reagirà l’Europa?

Facebook
Il gigante dei social media è sotto i riflettori di molte giurisdizioni europee a causa del suo ruolo sempre maggiore nell’economia continentale. Ci sono istruttorie pendenti in Francia, Spagna, Germania e Olanda su come Facebook abbia tracciato e profilato i suoi iscritti e le terze parti che abbiano in qualche modo utilizzato la sua piattaforma. Facebook ha già ottenuto qualche sentenza positiva in merito (in Belgio ad esempio) ma i dubbi sulla regolarità dei suoi comportamenti in ordine al rispetto della normativa sulla privacy con riguardo ai dati dei suoi follower diretti e indiretti, rimangono vivi e molto aperti.
Un altro dossier riguarda l’operazione di acquisizione di Whatsapp quando (questa è la contestazione notificata a Zuckerberg) entrò in possesso di tutto il data base sulla società acquistata senza richiedere le necessarie autorizzazioni dei titolari dei dati.
Infine rimane aperto un tema che abbiamo già affrontato in un nostro recentissimo editoriale su R&PMag: il mancato controllo sui fakes sia a livello politico durante le elezioni americane sia in termini di mitigazione/oscuramento degli “hate speech”.
In marzo l’Autorità tedesca emetterà una decisione in merito ai comportamenti tenuti da Facebook e da altri social media su questi delicati temi del mondo digitale. Dovrà decidere se le società coinvolte hanno fatto tutto quanto possibile per evitare l’insorgere e lo svilupparsi nella Rete sia dei fakes sia degli hate speech.

Amazon
Il gigante dell’e-commerce è in attesa del verdetto di una annosa controversia relativa ad un presunto trattamento fiscale e di favore concessogli dal governo del Lussemburgo. Nella stessa situazione processuale si trovano altre multinazionali americane come McDonald’s e Starbucks. Amazon ha sempre negato ogni addebito. Sostiene di aver sempre rispettato il tax ruling concordato con le autorità locali e i vari stati dove Amazon opera. Il verdetto dovrebbe arrivare prima dell’estate.
Da sottolinerae che fin dal 2015 Amanzon ha comunque annunciato di voler cambiare politica fiscale e di aver deciso, di conseguenza, di pagare le tasse in tutte le giurisdizioni dove crea dei profitti, rinunciando così alla concentrazione degli stessi nella sede centrale lussemburghese, molto più appetibile dal punto di vista della pressione fiscale.

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Da questo quadro emergono, a nostro avviso, alcuni segnali importanti.

·         L’Europa, nonostante le sue crisi identitarie, rimane un mercato importante, per non dire fondamentale, per le imprese straniere e soprattutto americane. Ha delle regole del gioco che vanno rispettate.

·         E’ finita l’era del Far West del web: tutte le Big Four, nolenti o dolenti, devono rivedere il loro modello di business e la loro pianificazione fiscale per poter operare legittimamente in Europa.

·         Si potrebbe andare verso uno scenario normativo europeo che responsabilizzi maggiormente, soprattutto i social network, (i) a controllare il contenuto dei dati trasmessi sulle loro piattaforme e (ii) ad assumere una posizione fiscale non elusiva o, peggio, evasiva nelle giurisdizioni dove operano e fanno profitto.

Ora la palla passa nelle mani delle Autorità di Bruxelles o delle singole nazioni europee coinvolte nei vari casi giudiziari o amministartivi.

Speriamo che valorizzino al meglio questa grande opportunità strategica.

Riccardo Rossotto

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