Mentre, pare … e il dubbio mi sembra legittimo, le schede con i progetti predisposte dai ministeri stanno giungendo a Palazzo Chigi, sembra definitivamente tramontata la bizzarra ipotesi di una Bicamerale per indirizzare, gestire e controllare i flussi di denaro del Next Generation UE (ex Recovery Plan).
Sembra quasi impossibile che il dibattito, in Italia, si concentri esclusivamente sul “Chi” gestisca questi fondi e non sul “Cosa” scrivere nei progetti e, soprattutto, “Come” scriverlo.
Lo abbiamo detto e ridetto più volte negli ultimi giorni: l’occasione è unica, forse l’ultima per il nostro Paese per valorizzare il finalmente raggiunto mutualismo europeo.
Non dobbiamo sprecarla!
Dobbiamo finalmente mettere mano a quelle riforme tanto promesse ma mai realizzate.
Eppure, siamo gli ultimi a dover mandare a Bruxelles il nostro programma di spesa e investimento dei 209 miliardi di euro che ci sono stati riservati (420 mila miliardi circa delle vecchie lire …non so se mi spiego!) e, al di là delle promesse mediatiche del nostro Presidente del Consiglio Conte “Lavoreremo senza sosta da qui a ottobre per definire il programma di riforme e investimenti”, non sembra che la priorità della nostra politica sia quella di “scrivere il programma” ma quella di “gestire” il “dove” finiranno i soldi.
Prevarrà il clientelismo?
Se ne approfitteranno le Mafie?
Riusciremo a non farci assegnare i fondi per incompetenza e/o vizi procedurali nella richiesta?
Il rischio esiste ed è alto.
Eppure la semplice lettura della Storia, ci offrirebbe soluzioni adeguate ed efficienti per gestire questa straordinaria opportunità nella maniera più corretta ed efficace.
Basterebbe avere la pazienza e l’umiltà di conoscerla.
Vi faccio un esempio che soltanto Giorgio La Malfa ha citato in queste ore durante questo misero e “basso” dibattito sul “Come” ottimizzare il Next Generation UE.
Certo che si tratta di una decisione politica – ha scritto l’ex ministro e deputato del Partito Repubblicano Italiano, un esperto di programmazione e di gestione dei fondi europei – spetta al governo e alla sua maggioranza. Ci sono però aspetti economici e tecnici ineliminabili. Bisogna saper valutare gli effetti macroeconomici delle varie possibili combinazioni di impieghi; servono modelli macroeconomici che bisogna saper scrivere e bisogna saper leggere. Poi bisogna sapere quali fra i molti progetti che saranno presentati nei vari settori scelti, siano i più efficaci: servono analisi dei costi e dei benefici. Bisogna decidere chi effettuerà le spese. Assegniamo i soldi a tante stazioni appaltanti o le concentriamo in una sola, efficace, ben organizzata?”
E allora proviamo a riavvolgere insieme il nastro della storia recente, e torniamo agli anni durissimi della post crisi 1929.
Siamo negli Stati Uniti, dove il neo presidente, appena eletto, Franklin Delano Roosevelt, deve disperatamente ridare fiato al sistema economico distrutto dalla crisi innescata dopo il crollo di Wall Street.
Si avvia, in quei mesi del 1933, il grande progetto keinesiano della domanda pubblica massiva, motore dei nuovi investimenti e innesco della ripresa dei consumi.
Roosevelt immaginò un grande progetto di sviluppo per gli Stati prevalentemente poveri attraversati dal fiume Tennessee.
A chi affidare il compito di indirizzare e controllare l’enorme massa di denaro che stava per essere stampata e pompata sul mercato per seguire le teorie del grande Maynard Keynes?
Il neo presidente americano creò un ente federale, la Tennessee Valley Authority (TVA) con il compito di affrontare, in un unico contesto, tutti i maggiori problemi di quei territori: governare le piene e gli allagamenti del fiume; irrigare l’agricoltura; generare energia elettrica; dotare l’area di infrastrutture adeguate; costruire appunto le prime dighe che avrebbero favorito la produzione dell’energia elettrica, a basso costo, fondamentale per la ripresa del sistema industriale.
Roosevelt volle evitare pastrocchi politici, clientele, stillicidio di aiuti a singoli, piccoli progetti.
Come aveva promesso nel suo discorso di insediamento, proprio nel gennaio di quel 1933, sognava un grande programma nazionale di rilancio del modello americano, schiantato dalla crisi finanziaria del 1929.
Nascevano in quei mesi a Washington le fondamenta di quello che sarebbe passato alla storia dell’intera umanità come il New Deal.
E proprio in questo contesto strategico e visionario, nasceva l’idea di istituire la Tennessee Valley Authority, una agenzia federale che avrebbe concentrato e gestito gli interventi pubblici in una certa area del paese, ottimizzandone gli interventi.
Oggi la TVA esiste ancora e tutti i giudizi sono estremamente positivi sul suo ruolo e sulla sua operatività in tutti questi decenni.
Il New Deal roosveltiano fece il miracolo, trasformò un paese depresso nella più grande economia del mondo e si consolidò poi anche grazie a strumenti operativi come la TVA.
Ripercorriamo brevemente la sua storia.
Roosevelt firmò il Tennessee Valley Authority Act il 18 maggio 1933. L’agenzia è una società di proprietà federale costituita per la gestione dello sviluppo economico nella valle toccata dal fiume Tennessee, la regione più colpita dalla Grande Depressione del ’29.
Gli stati coinvolti nel progetto furono e sono l’Alabama, il Mississippi, il Kentucky, la Georgia, la Carolina del Nord e la Virginia.
E’ stata la prima grande agenzia di pianificazione regionale degli Stati Uniti e, ancora oggi, a novant’anni di distanza, rimane la più grande in America.
Roosevelt chiamò alla sua guida David Lilienthal, denominato poi “Mister TVA”.
L’agenzia divenne un modello di ente pubblico efficiente ed efficace nella gestione di fondi mirati al rilancio dell’economia di certi territori, nel caso specifico per la modernizzazione del settore agricolo.
Oggi la TVA è la più grande azienda elettrica pubblica degli Stati Uniti e fornisce energia elettrica a oltre 9 milioni di utenti nella valle del Tennessee.
Agisce come intermediario di energia vendendo a distributori al dettaglio e a clienti industriali o istituzionali serviti direttamente.
L’energia, oggetto della sua attività, è ottenuta proprio dall’attività di quelle dighe costruite negli anni ’30 con i fondi dei New Deal gestiti dalla squadra di Lilienthal.
David Lilienthal, nel dopoguerra, fu chiamato dal governo italiano per una consulenza sull’impostazione del progetto della Cassa del Mezzogiorno, un ente che, nella mente dei suoi ideatori, avrebbe dovuto ispirarsi proprio alla TVA.
Il manager americano venne a Roma e provò a darci una mano.
L’esperienza non durò a lungo.
Le ragioni non si conoscono ma si possono intuire.
Proprio perché, la TVA, funzionò e divenne un benchmark internazionale grazie non solo ai suoi innescatori originari, ma soprattutto grazie alla professionalità, trasparenza, onestà e determinazione del suo responsabile David Lilienthal e del suo team; da sottolineare, scelto soggetto per soggetto, professionista per professionista, da lui stesso.
Già, gli uomini sono il punto di successo o di caduta anche del miglior progetto.
Ce lo insegnano proprio la Storia e l’Antropologia.
Non per niente Giorgio La Malfa ha suggerito a Conte di chiamare Mario Draghi alla guida di questa impresa.
Stiamo a vedere cosa succederà: speranzoso di essere smentito nel mio pessimistico realismo.

Comments (1)
  1. Mauro (reply)

    7 Agosto 2020 at 17:01

    Caro Riccardo ,
    teoria interessante progetto anche ma i progetti oltre che pensati vanno realizzati………
    Torniamo al solito punto ………………li pensano Conte , di Maio , Zingaretti and company ?
    E poi chi li valuta Toninelli ?
    Dai non scherziamo o abbiamo il coraggio di ripartire da zero nello stile di Marchionne o non c’è altra strada che il fallimento stile Argentina ………………..
    E poiché non c’è il coraggio e non c’è Marchionne la risposta è facile……………………..

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