Quando un cliente va da un avvocato civilista perché ha un motivo di contrasto con qualcuno chiede in primis una cosa: qual è la mia posizione giuridica (ho torto oppure ragione ?) e, soprattutto, che cosa deciderà il giudice qualora la questione dovesse approdare nelle aule di giustizia.

La grande frustrazione dell’avvocato (serio) è che deve esaminare in scienza e coscienza la questione, ma ben difficilmente sarà in grado di dare profili di certezza sia alle sue valutazioni sia all’esito dell’eventuale giudizio (tre gradi di giudizio!), in quanto troppe sono le variabili che possono incidere sulla decisione del giudice e non ultima la presenza di un legale di controparte che sosterrà con vigore una tesi giuridica diametralmente opposta alla tua.

In tanti anni di professione non ho mai avuto il piacere di leggere nell’atto di un mio avversario “ come giustamente sostiene il nostro valente collega…..”; quello che sostiene il valente collega è sempre infondato “in fatto ed in diritto”.

Avendo questa “forma mentis” ho quindi accolto con sconcerto l’attuale dibattito, molto in voga, circa l’ipotesi di affidare la giustizia civile alla decisione presa da un computer in grado di muoversi con speditezza tra leggi e sentenze.

Come detto la questione mi ha sconcertato ma mi ha anche fatto riflettere.

In primo luogo ho accertato che secondo gli studiosi della questione nella giustizia penale esistono clausole valoriali e personali (es. buona fede, equità, dolo ecc.) che non possono, neppure in ipotesi, essere affidate ad un computer, perché impongono una buona dose di soggettività e di interpretazione. Secondo detti studiosi la questione della giustizia cd. predittiva in ambito civilistico appare invece un’ipotesi percorribile.

Ma allora la questione della giustizia cd. predittiva in ambito civilistico appare così assurda come sembrerebbe di primo acchito?

La prima considerazione che mi viene da fare è che ormai, per ciò che concerne lo sviluppo tecnologico/informatico nulla, dico nulla, mi stupisce più. Per cui non sono assolutamente in grado di immaginare come sarà il lavoro di un avvocato civilista e di un giudice tra dieci/venti anni; tutto è possibile.

Fatta questa premessa ritengo che per quanto riguarda la pareristica (ossia la possibilità di individuare una risposta alla luce di una serie di dati immessi nel computer) l’attività dell’avvocato potrebbe essere messa in seria crisi, in quanto il computer potrebbe fare meglio dell’essere umano, perché più informato e privo della componente emotiva che può portare ad una visione non obiettiva o comunque condizionata.

Diversa mi pare la questione del contenzioso e della relativa sentenza, ove si confrontano due o più avvocati ed un giudice o più giudici in una dialettica spesso accesa, suggestiva e ricca di “tranelli giudiziari” che confondono e spesso incidono sul risultato finale.

Risultato finale che, come detto, si sviluppa di norma in tre gradi di giustizia i cui risultati sono spesso diversi e contraddittori tra di loro.

Tenuto conto di questi elementi, che paiono privilegiare i profili interpretativi di una questione civilistica e le dinamiche della procedura civile, credo che almeno sotto questo profilo gli avvocati civilisti possano dormire sonni tranquilli; almeno per un po’.

 

 

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