Globalizzazione e lavori che diventano sempre più lavoretti; emigrazione e problemi di sicurezza sempre più stringenti; disuguaglianze crescenti e proteste veementi con tendenze e derive popolar-nazionaliste; sviluppo economico colmo di sperequazioni e contradditorio con conseguente allargamento della forbice della ricchezza; impoverimento di ampie fasce di popolazione e esclusione dal mercato delle fasce più acculturate e consapevoli impersonate da quel largo settore di giovani diplomati e laureati, padroni delle moderne tecnologie, impossibilitati a trovare un impiego, a mettere su casa, a garantirsi un futuro. (Altro che muovere il culo).

Tutto questo e molto altro è il risultato del modello liberista di capitalismo sfrenato, alternativo a quello prevalentemente socialista che aveva caratterizzato la fase post seconda guerra mondiale.

Dalla fine del XX secolo ad oggi le élite al potere hanno patrimonializzato gli stati arricchendosi e ammassando ricchezze in paradisi fiscali sparsi per il mondo. Di questi argomenti si parla da tempo con analisi acute e convincenti, ma all’atto pratico nulla cambia, niente avviene per invertire la tendenza. L’imposizione brutale di un mercato globale non cambia ed è forse anche per questo che riemerge l’idea di Stato Nazione.

Di fronte a questi scenari sorge una domanda: chi ha determinato questa situazione, chi ha voluto e programmato questa realtà socio economica dove pochissimi si arricchiscono e molti si impoveriscono? Spesso ci giriamo intorno e cerchiamo i colpevoli altrove, lontano da noi. Sappiamo però che il colpevole è una classe sociale ben definita: la borghesia. Vengono sottoposte a critica tutte le categorie: partiti, sindacati, operai, contadini, allevatori, commercianti, professionisti, industriali, persino la chiesa, ma la borghesia nel suo insieme non viene mai sottoposta a critica forse perché detiene tutte le leve del potere.

La borghesia, in termini storici e politici, si affaccia al potere nel 1789 impossessandosi della Rivoluzione Francese promossa da altre forze sociali. In quel frangente la borghesia ereditò il trinomio: Libertà, Uguaglianza, Fraternità (solidarietà).

In oltre due secoli la borghesia ha praticato la libertà per il suo vantaggio. Per quanto riguarda uguaglianza e fraternità ha concesso che se ne poteva parlare. La borghesia ha un suo modo di essere che resta immutato dalla sua nascita.

“La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti e, dunque i rapporti di produzione, quindi tutti i rapporti sociali … Il continuo rivoluzionamento della produzione, lo scuotimento ininterrotto di tutte le condizioni sociali, l’incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l’epoca borghese da ogni altra … La borghesia sfruttando il mercato mondiale, ha reso cosmopoliti la produzione e il consumo di tutti i paesi. Con grande dispiacere dei reazionari, ha tolto da sotto i piedi all’industria il terreno nazionale. Le più antiche industrie nazionali sono state, e ancora vengono ogni giorno, annientate. Al posto dei vecchi bisogni soddisfatti con i prodotti del proprio paese ne subentrano di nuovi che esigono, per la loro soddisfazione, i prodotti dei paesi e dei climi più lontani. Al posto dell’antica autosufficienza e dell’antico isolamento, locali e nazionali, subentra un traffico di merci universale, un’universale dipendenza delle nazioni tra loro. E questo avviene nella produzione materiale come in quella intellettuale. I prodotti intellettuali delle singole nazioni divengono bene comune. La parzialità e la ristrettezza di vedute nazionali diventano sempre più impossibili, e dalle molte letterature nazionali e locali si forma una letteratura mondiale.”

Karl Marx, Friedrich Engels. Manifesto del Partito Comunista. Pag. 10 Einaudi Tascabili.

Non è la nostra realtà? Circa 200 anni fa avevano previsto dove ci avrebbe condotto la borghesia. Qualcuno potrà osservare che la Borghesia siamo noi. Vero. È per questo che siamo sul banco degli imputati perché le nostre scelte politiche hanno determinato la realtà che stiamo vivendo. Il turbo capitalismo l’abbiamo votato noi. Alla libertà innanzitutto, abbiamo inneggiato noi. Il disinteresse per gli altri due elementi del trinomio: uguaglianza e fraternità, l’abbiamo coltivato noi. (Caro picket ecco da  dove proviene l’assenza di carezze).

Si parla spesso di rivoluzione tecnologica, industriale, sociale. Nella Storia le Rivoluzioni rispondevano a istanze e domande che sorgevano dal basso. Nel XXI secolo c’è una domanda alla quale la borghesia non trova risposta: È possibile continuare a ridurre i salari per incrementare i profitti e nel contempo pretendere l’aumento dei consumi? Questa è una domanda che investe l’equilibrio socio-economico nel quale siamo immersi. È una domanda che sta mettendo in crisi la forma di governo: Democrazia. Dopo gli effetti del turbo capitalismo quali forme di governo ci attendono?

E’ urgente applicare il trinomio nella sua interezza, dando maggiore enfasi all’uguaglianza e alla fraternità se vogliamo salvarci dalla feroce competizione, uno contro uno, che la globalizzazione e il capitalismo senza umanità vogliono imporci.

 

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