Common Back-Stop.

Questa è la parola magica della nuova cultura veramente comunitaria che ispira tutti i fondi oggetto della politica di sostegno di Bruxelles in questi ultimi dieci mesi.

Un sostegno comune, insomma.

Una volontà di aiutarci tutti insieme a superare questo tragico 2020.

Basta cicale e formiche!

Basta polemiche tra i membri del nord Europa (i presunti oculati amministratori) e quelli del sud Europa (i, certi, peggiori amministratori).

Siamo tutti sulla stessa barca e aiutiamoci ad uscire da questa catastrofe sanitaria ed economica, gli uni contando sugli altri.

Solo così potremo, come europei, uniti e solidali, rinascere e tornare ad essere, anche politicamente e non solo economicamente, competitivi verso i giganti del mondo, gli Stati Uniti, la Cina, la Russia e alcuni altri stati emergenti, non proprio democratici nel loro Dna.

Eppure … eppure il nostro dibattito politico interno non verte su questa novità, su questa straordinaria opportunità che ci viene offerta per riformare finalmente il nostro Paese “in stallo”, da oltre vent’anni.

Il confronto tra i partiti, proprio in queste ore di vigilia del dibattito parlamentare sull’approvazione del tanto famigerato MES, verte su aspetti paradossali, marginali, solo mediatici e quasi mai tecnici.

Invece di concentrarci sul metodo più idoneo, efficiente e trasparente per valorizzare i fondi che Bruxelles metterà a disposizione nei prossimi mesi per il nostro disastrato Paese, stiamo discutendo sul “sesso degli angeli”.

Se votare tutto il pacchetto, anche di modifica del MES, allargato alle possibili, future crisi bancarie; se approvare, soltanto, la parte sanitaria del fondo. Se respingerlo in toto o, invece, approvarlo in blocco.

In questo quadro politico confuso, quasi avvilente, cerco di fare chiarezza.

Provo a fornirvi gli elementi tecnici oggetto di questa surreale discussione che si protrarrà fino alla vigilia del voto in Parlamento, previsto la prossima settimana.

A voi poi valutare l’opportunità, virtuosità o irresponsabilità di questo confronto, quasi ossessivo.

La riforma del MES, di cui si sta parlando, riguarda il MES “ordinario”, i fondi cioè che Bruxelles erogherebbe se uno stato membro avesse bisogno di denaro per fronteggiare una crisi non sanitaria: crisi che potrebbe dar vita a dimensioni di criticità finanziaria non di qualche decina di miliardi di euro, ma di qualche centinaio di miliardi.

La riforma non riguarda invece i prestiti dei fondi “sanitari” del MES, fondi creati in risposta alla crisi sanitaria del Coronavirus; fondi che per l’Italia significherebbero 36 miliardi di prestiti a tassi di interesse negativi sui 10 anni.

Quali sono le novità della riforma che spaventano tanto alcuni nostri esponenti politici ?(ma è davvero una preoccupazione tecnica o piuttosto la necessità di un posizionamento mediatico per ottenere facili consensi?).

Questa modifica dell’originaria struttura del MES attribuisce un potere più forte ad un organo tecnico interno al MES rispetto a quello politico della Commissione Europea, nelle delicate decisioni che riguarderanno la valutazione del debito pubblico di un Paese membro in ordine alla sua sostenibilità e quindi alla sua possibile necessità di ristrutturazione per ottenere un prestito del MES.

Una seconda riforma riguarda una semplificazione del processo di ristrutturazione del debito qualora si sia accertata la sua non sostenibilità.

Infine, e proprio qui sta la novità che riguarda il sistema bancario di tutti i paesi membri, vi è una specifica previsione che le risorse del MES potranno essere utilizzate, in modo concorrente al Fondo di Risoluzione Unico (il Single Resolution Fund) a sostegno delle banche europee in caso di futura crisi.

Carlo Cottarelli in questi giorni ha ripetutamente spiegato che questa riforma “certo non perfetta, non cambia moltissimo rispetto al tema della ristrutturazione del debito per chi accede ai prestiti del MES  (non sanitario n.d.a.): infatti la ristrutturazione continua ad essere considerata come un evento eccezionale, non come la norma, come chiedevano alcuni paesi nord europei”.

Dunque il nuovo MES potrebbe essere di supporto anche a noi italiani in previsione di una possibile crisi di qualche nostro istituto bancario.

La vera novità, come dicevo all’inizio, sta, invece, proprio nello spirito di questa riforma.

Il nocciolo è proprio scandito dalla volontà di Bruxelles di affrontare le eventuali crisi, avvenute in uno o più degli stati membri, con un “Common Back-Stop” e cioè con un sostegno comune.

Quello stesso spirito che ritroviamo nel Next Generation Fund, nato proprio senza condizionalità, salvo quelle progettuali.

Perché allora, mi chiedo, il nostro dibattito politico non parte da una riflessione prioritaria: quella che sottolinea che per la prima volta la politica di sostegno di Bruxelles è dettata davvero da uno spirito solidale che non distingue e discrimina i vari paesi membri

Sia il MES (nella sua globalità e non solo nella linea dei prestiti sanitari) sia il Next Generation Fund sono due grandi occasioni per dare un segnale di forte e convinta adesione dell’Italia a questa nuova cultura solidale di Bruxelles: il trampolino verso un ulteriore passo di integrazione non solo economica ma anche politica tra i paesi membri.

Non distraiamoci dunque su e con baruffe marginali e molto provinciali, ma concentriamoci su quanto questi fondi potrebbero permetterci davvero e finalmente uno scarto paradigmatico.

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