La strategia emergenziale del governo rischia di saltare.

Sono proprio i  magistrati, chiamati in causa da cittadini vittime di soprusi normativi e da Regioni in conflitto con lo Stato centrale, a segnare il cambio di prospettiva.

La Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato con due recentissime ordinanze della scorsa settimana, hanno voluto dare un segnale forte al governo (quello attuale o al prossimo!) su come bisognerebbe gestire l’emergenza pandemica senza violare principi costituzionali o comunque norme dell’ordinamento statale.

Una svolta, finora tenuta sotto traccia (pochissimi media ne hanno parlato) che ci obbliga tutti a qualche riflessione per cercare di evitare il ripetersi degli errori commessi, secondo alcuni, errori insistiti, ripetuti e ingiustificati.

Vediamo, dunque, il contenuto delle due ordinanze.

  1. L’ordinanza della Corte Costituzionale del 14 gennaio 2021 che ha sospeso l’efficacia della Legge Regionale della Valle d’Aosta che consentiva attività economiche e sociali in deroga alla normativa statale sulla pandemia, ha fissato un principio fondamentale che dovrebbe aiutare il nostro governo nella futura interlocuzione con le Regioni: “La pandemia in corsoscrivono i giudici della Suprema Corte – ha richiesto e richiede interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, 2° comma, lettera q, della Costituzione”.

La Corte si pronuncerà definitivamente su questo tema il 23 febbraio quando prenderà la decisione sul merito della questione sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il principio enunciato dalla Corte sottolinea che la strada imboccata dal governo fin dal marzo scorso, e cioè quella della continua ed estenuante concertazione con le Regioni, è sbagliata, come ha sottolineato anche il prof. Sabino Cassese in queste ore.

Lo Stato, proprio ai sensi dell’art. 117 della Costituzione ha la competenza esclusiva in materia di gestione di una pandemia internazionale.

  1. Il Consiglio di Stato, nell’ordinanza resa il 15 gennaio scorso ha accolto un ricorso radicato da tre cittadini particolarmente colpiti dalle misure restrittive del governo: il proprietario di una palestra, un ristoratore e un genitore di un ragazzo delle scuole superiori.

Il ricorso presentato in prima istanza avanti il TAR del Lazio contro i DPCM chiedeva ai magistrati amministrativi di esprimersi sulla legittimità dei decreti emanati dal governo Conte, richiedendo la sospensione di tali decreti in quanto, ad avviso dei ricorrenti, assolutamente illegittimi e contrari all’ordinamento. Il 15 dicembre scorso il TAR rigettava il ricorso che i tre cittadini riproponevano al Consiglio di Stato.

Scrivono i giudici nella motivazione dell’accoglimento del ricorso in appello: “Il ricorso pone significative questioni che, in ragione della loro complessità e del fatto di essere relative ad un delicato bilanciamento fra interessi sensibili, meritano un sollecito approfondimento nel merito, anche in relazione ai dedotti profili di illegittimità costituzionale”.

Il Consiglio di Stato ha dunque accolto l’istanza dei ricorrenti e ha rinviato la questione nuovamente al TAR che già il prossimo 10 febbraio dovrebbe pronunciarsi nel merito.

Nella sostanza il Consiglio di Stato ha accolto un ricorso che richiedeva la sospensione dei DPCM e dello stato di emergenza.

E’ la prima volta, nella nostra storia recente della emergenza pandemica, che si mettono formalmente e seriamente in discussione misure governative da parte di un autorevole organo giurisdizionale.

La motivazione dell’ordinanza evidenzia come il contenuto dei DPCM possa toccare questioni di costituzionalità molto importanti che vanno affrontate con urgenza perché in gioco ci sono i destini di cittadini che forse hanno molte ragioni per protestare.

Le due ordinanza ci stimolano ad alcune ulteriori considerazioni.

  1. Da un lato, il governo, proprio alla luce del disposto del richiamato articolo 117, 2° comma, lettera q, della Costituzione, ha il potere esclusivo di assumere decisioni senza l’obbligo della concertazione con le Regioni né tanto meno l’onere di sobbarcarsi l’infinita polemica sui reciproci perimetri di competenza ai sensi del Titolo V della Costituzione.

In base al provvedimento della Corte, sembrerebbe chiaro che il governo abbia perso tempo e sprecato energie continuando a condividere con i Presidenti delle Regioni provvedimenti che avrebbe potuto legittimamente decidere da solo.

Ce ne accorgiamo un anno dopo l’inizio della tragedia pandemica!

Meglio tardi che mai, dice il proverbio.

Speriamo che la coraggiosa presa di posizione della Corte Costituzionale aiuti il nostro Presidente del Consiglio a smetterla di perpetrare mediazioni impossibili e sempre al ribasso con i vari “cacicchi” regionali.

  1. Dall’altro lato, il Consiglio di Stato ha lanciato un forte e chiaro warning al governo: c’è stato un eccesso di concentrazione di potere da parte del Presidente del Consiglio nella emanazione dei DPCM.

Adesso sarà il TAR a decidere ai primi di febbraio se dichiarare illegittimi i numerosi DPCM, firmati da Giuseppe Conte, compreso quello attuale, o se rinviare tutto alla Corte Costituzionale per una verifica sulla legittimità di tali norme rispetto alla nostra Carta.

Intervistata dai giornalisti, l’avv. Silvia Marzot, legale dei tre ricorrenti, ha voluto sottolineare che: “Ricordo che la stessa Presidente della Corte, Marta Cartabia, disse che non esistono diritti speciali in momenti speciali”.

Secondo il legale il ricorso è provvisto di quello che tecnicamente nel gergo giuridico si chiama “Fumus bonus juris” ovvero che, seppur in una valutazione sommaria che è propria della fase cautelare, il ragionamento sviluppato dai ricorrenti risulta fondato. Nel mirino c’è proprio la dichiarazione dello stato di emergenza che viene ritenuta illegittima per vari motivi. Per esempio, Conte, avrebbe dovuto dichiarare lo stato di emergenza dopo un passaggio parlamentare non con un semplice DPCM: serviva un atto avente forza di legge.

Per i ricorrenti il governo ha ignorato queste garanzie procedurali calpestando i loro diritti.

Le due ordinanze, come dicevamo, segnano due aspetti fondamentali nella strategia del governo: i rapporti con le Regioni e l’utilizzo eccessivo dello strumento del DPCM.

Saremo vigili nell’informarvi sugli sviluppi delle due questioni.

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