Ci risiamo!

Come nel gioco dell’oca si ritorna alla casella di partenza…il governo Draghi, dopo un confronto con Bruxelles e una sentenza del Consiglio di Stato, aveva deciso che alla fine di quest’anno le concessioni balneari sarebbero state messe a gara, dopo anni di polemiche e discussioni che avevano, nella sostanza, permesso agli attuali concessionari di continuare a mantenere la disponibilità dei beni con dei canoni “vergognosamente bassi”. In queste ore, mentre si sta discutendo in Parlamento il decreto “Milleproroghe” saltano fuori alcuni emendamenti della maggioranza mirati ad una ulteriore proroga delle concessioni. Teniamo conto che l’eventuale accoglimento anche di uno solo degli emendamenti che impatterebbero sulla legge delega sulla concorrenza, travolgerebbero la legge delega medesima, costringendo il Parlamento a ricominciare da capo l’iter legislativo.

La lobby dei bagnini prevarrà ancora una volta?

Nelle ultime ore il Presidente del Consiglio ha “obbligato” il suo partito a lasciar cadere l’emendamento che però rimane “in vita”, almeno per ora, in quanto sostenuto dai parlamentari della Lega e di Forza Italia. Nei prossimi giorni vedremo se la lobby dei bagnini prevarrà ancora una volta. Una breve cronistoria di questa paradossale vicenda. L’Europa preme da anni i nostri governi affinché le concessioni balneari siano assegnate con gara e con scadenze temporali precise. Ovviamente a questi paletti si oppongono tutti i titolari delle concessioni che trovano in alcuni partiti dei veicoli importanti per sostenere le loro tesi in Parlamento. Nonostante una sentenza inappellabile del Consiglio di Stato, una della Corte di Giustizia europea, una procedura di infrazione aperta sin dal 2009, con canoni “vergognosi” rispetto a profitti spesso enormi e “non tassati”, oggi alcuni partiti della maggioranza sono compatti nel chiedere ancora una volta di fermare la scadenza prevista dal Governo Draghi che imporrebbe l’obbligo di messa a gara delle concessioni dal 1° gennaio 2024.

Bolkestein applicata solo se c’è scarsità di risorse?

Il Presidente dell’Associazione di categoria della Confesercenti sintetizza così la tesi della lobby “dei bagnini” che si oppone all’obbligo di messa a gara delle concessioni. “Occorre verificare, con una adeguata mappatura delle concessioni, se ci sia o meno una reale scarsità delle risorse, ovvero delle aree demaniali già censite come insediamento turistico ma non ancora assegnate. La direttiva Bolkestein va infatti applicata solo se c’è scarsità di risorse”. Abbiamo provato a rileggere gli atti amministrativi su questa complessa tematica: un “girone dantesco” di una burocrazia che in questi dieci anni si è avviluppata su sé stessa creando i presupposti per dei contenziosi lunghi e dall’esito imprevedibile. Insomma, una matassa difficilmente sbrogliabile. Ma come è possibile, ci chiediamo, che una lobby di una categoria non così rilevante nel nostro sistema economico possa “bloccare” una riforma che l’Unione Europea ci chiede da oltre 14 anni?

Una particolare attenzione per 300 mila italiani…

Come è possibile che Giorgia Meloni che sta trattando con Bruxelles dossier delicati come il MES, come la modifica del PNRR, come il contenuto del nuovo Patto di Stabilità, debba, contemporaneamente difendere una posizione assurda di una corporazione che sta difendendo un modello giuridico … indifendibile. Canoni bassissimi di concessioni non aperte al mercato con profitti rilevanti e spesso “detassati”? Proprio alla luce di questi banali interrogativi abbiamo recentemente avuto la possibilità di chiedere ad un autorevole funzionario dell’Istat (l’Istituto Nazionale di Statistica) quanti fossero i soggetti coinvolti nel mondo delle concessioni balneari. La risposta è stata circa 300.000 italiani calcolando anche l’indotto che si è creato intorno alla gestione delle nostre spiagge. A maggior ragione diventa difficile comprendere come 300.000 elettori (tenendo conto delle nostre percentuali di votanti, quindi almeno 1/3 in meno e cioè 200.000) possano condizionare, come stanno facendo, le volontà politiche di alcuni partiti.

Un Paese vecchio, conservatore, popolato da piccoli gruppi di pressione

A nostro avviso siamo di fronte ad un evidente segnale di un Paese vecchio, conservatore, popolato da piccoli gruppi di pressione che bloccano l’apertura dei mercati e impediscono la tutela dei servizi dei cittadini-consumatori. “L’Italia – come ha scritto di recente Daniele Manca sul Corriere della Sera – con il suo continuo difendere singole categorie, singole lobby, rischia di pagare un conto ancora più salato per l’avversione alla concorrenza. Questo è il sale della battaglia ai rincari: la spinta alla competitività delle aziende e l’invito alla comunità di premiare chi è dalla parte dei consumatori. Ogni anno l’Italia dovrebbe varare una legge sulla concorrenza, ma non lo fa!”. Dal 2009, proprio l’anno dell’inizio della battaglia contro l’oligopolio dei bagnini, ne è stata varata una nel 2017 e un’altra lo scorso anno dal Governo Draghi. Siamo davvero ad un capolinea: vediamo quale sarà la reazione nelle prossime ore del nostro Governo.

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