Ci risiamo. Sembra di rivedere per l’ennesima volta lo stesso film. Vecchio, conosciuto e ormai noioso. Contestato da tutte le parti con commenti identici segnati da simboli partitici opposti a seconda dei casi ovviamente!
Ci riferiamo, naturalmente, all’inchiesta che ha coinvolto i genitori di Matteo Renzi, riaprendo la polemica sulla presunta “giustizia a orologeria”.
Il significato di questo concetto divenuto ormai slogan della propaganda comune del Centro Destra e del Centro Sinistra, sta nell’attribuire ai magistrati che conducono tali inchieste, delle finalità estranee ai loro doveri professionali.
Quando, come ha scritto in questi giorni Armando Spataro, ex Procuratore Capo del Tribunale di Torino, si prova ad entrare nel merito di tale presunta finalità diversa, i commenti e le tesi si dividono. Secondo la “curva nord” i magistrati sarebbero orientati dallo scopo di colpire personaggi e partiti politici. Secondo la “curva sud” sarebbero spinti da un motivo diverso e cioè quello di favorire i politici a loro vicini. “Il tutto – ha scritto Spataro – secondo una logica di rafforzamento della propria immagine e di espansione del proprio potere”.
La giustizia a orologeria: ma cosa vuol dire veramente? Semplice Watson: la magistratura, invece di fare il suo dovere, fa politica e abbatte a turno leader politici in ascesa o comunque sulla cresta dell’onda.
Proviamo ad entrare nella “disfida” tra le due curve di tifosi sopra citate, dal puro punto di vista tecnico-giuridico.
Partiamo dal concetto dell’obbligatorietà dell’azione penale, circostanza distintiva del nostro paese rispetto a molti altri ordinamenti giudiziari.
Tale principio è stato posto a garanzia proprio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e impone ai magistrati di procedere ad indagini immediate nei confronti di “chiunque”, per ogni notizia di reato.
Non esiste alcuna possibilità, per il singolo magistrato, di muoversi secondo ragioni di opportunità. Secondo alcuni commentatori tali ragioni “dovrebbero essere particolarmente cogenti – ha scritto Spataro – sia nei periodi di voto, per non influenzare l’elettorato, sia in quelli immediatamente successivi per non mettere a rischio accordi politici. In sostanza, in questi spazi temporali, interventi “invasivi” dovrebbero essere evitati o rinviati. Ma tale logica è inaccettabile: diversamente, le Procure – cui si deve invece chiedere di usare la professionalità necessaria quando si esercita un così delicato potere – sarebbero inerti per scelta e per lunghi periodi”.
Nel suo intervento su La Repubblica Spataro sottolinea invece un’altra criticità del nostro sistema che ha provocato “danni” nell’attività lavorativa dei nostri magistrati. Secondo Spataro “manca nel dibattito di questi giorni, sulla presunta giustizia a orologeria, qualsiasi riferimento invece alla produzione di “leggi a orologeria” quelle sì costituenti un’inconfutabile realtà, anche in conseguenza delle giustificazioni politiche che ne hanno accompagnata l’approvazione”. Un corpo legislativo che ha appesantito, rallentato e comunque “aiutato” da un lato i lavori istruttori dei magistrati e dall’altro alcuni responsabili di reati che hanno potuto farla franca.
Insomma torniamo al vecchio tema del circuito nevrotico tra Parlamento e magistratura, con l’esecutivo in mezzo, alternativamente nel ruolo di stimolatore, gestore o “pompiere” in una contrapposizione che non giova sicuramente ai cittadini che non si comportano da gaglioffi.

Comments (1)
  1. Riccardo Tosi (reply)

    4 Marzo 2019 at 14:15

    E’ innegabile come sia naturale pensare ad interventi ad “orologeria” per noi cittadini che non conosciamo gli iter, le tempistiche della magistratura. Ma c’è una variabile di cui pochi tengono conto. Sono i “media”, indistintamente! Non si chiamassero Renzi, Formigoni, Berlusconi o Bossi, ma Tosi-Rossini-Fresconi nessuno saprebbe mai nulla. Nessuno sospetterebbe interventi ad orologeria, perché non emergerebbero, non farebbero “notizia”! Lo sciacallaggio politico dei media è trasversale, colpisce e anche in modo volgare chiunque abbia un minimo di visibilità, di potere. E’ un malcostume facile e redditizio da cavalcare, poiché ormai il pubblico ha assimilato questo tipo di droga, deviante e maleodorante!

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