Un forte richiamo alla responsabilità sociale. Un forte grido d’allarme di non perdere altro tempo. Un grande momento, alto e visionario, di riflessioni sul come cercare di uscire da un malessere diffuso a livello mondiale che ci riempie di angosce e paure. Toglie speranze per il futuro. Non fa più sognare i nostri figli. Rischia di incrinare – i segnali sono tragicamente sotto i nostri occhi quotidianamente – la convivenza civile facendoci ritornare a vivere in un clima di pre-guerra o peggio di guerra fredda.

La speranza è che le parole dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America, apparso a New York in buona salute e pieno di energia positiva, non rimangano soltanto scritte nei verbali delle riunioni del Global Business Forum. Diventino invece il manifesto di riferimento per tutti quelli che le hanno ascoltate direttamente dalla voce di Clinton oppure le abbiano lette… su Pickett.

Smettiamola di occuparci solo di Noi e pensiamo agli Altri attraverso un’estensione del perimetro della categoria di quel Noi egoistico e una, contestuale, riduzione della enormità-estraneità della categoria di quel Loro, di quegli Altri. Di quelli di cui pensiamo di poter fare a meno restringendo le nostre visioni, ambizioni, prospettive a un’autoreferenzialità psicologica che si risolve sempre in un puro egoismo esasperato necessitato, dicono gli esperti, dal dover combattere paure, angosce e insicurezze.

Ma andiamo a rileggere lo speech di Clinton denso di riflessioni utili a farci uscire da una miopia autodistruttiva.

Dai cambiamenti climatici alle violente minacce nazionaliste, il mondo è in pericolo. Secondo Bill Clinton, la nostra salvezza è semplice matematica.

Nel suo intervento di apertura al Bloomberg Global Business Forum tenutosi nella grande sala del Plaza Hotel di fronte ai principali leader mondiali ed ai rappresentanti del mondo economico, il 42° Presidente degli Stati Uniti ha chiesto alla platea di passare all’azione, sottolineando che “l’aspetto più importante è scegliere che la tenuta sociale, i risultati economici ed il potere politico derivino dalla divisione o dalla moltiplicazione, dal togliere o dal dare qualcosa in più”.

Siete tutti qui perché, in un modo o nell’altro, istintivamente lo sapete anche voi. Sapete che la moltiplicazione è una strategia migliore della divisione. Sapete che in economia, così come per l’inclusione sociale o la politica, dare rende di più che togliere. E sapete bene che ci sono grandi ostacoli che impediscono all’ascesa del tribalismo separatista di essere la soluzione ai problemi che minacciano le opportunità del mondo moderno”.

Tribalismo separatista. Ha usato questa espressione varie volte nel corso del suo discorso al Forum, evento che segna una certa continuità con l’incontro annuale della Clinton Global Initiative, la cui ultima edizione si è tenuta nel 2016.

Clinton ha detto che il tribalismo separatista è evidente ovunque, dall’espulsione dei Rohingya in Myanmar, agli 11 milioni di rifugiati che si stima abbiano abbandonato le proprie case in Sira dall’inizio della guerra civile, alle pressioni su Giordania e Libano con riferimento alle loro politiche in Yemen, fino alla crisi economica e politica che sta attraversando il Venezuela.

Tutto quello che sta accadendo riguarda una nostra scelta, la scelta di spartire il potere o di trattenerlo per noi, per valutare se l’inclusione sociale sia meglio della dominazione”, ha aggiunto.

Smontare e risolvere i sistemi separatisti “è la grande sfida dei nostri tempi”, ha sostenuto Clinton, sottolineando come dalla loro ascesa derivino conseguenze per il futuro delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.

Questa la sua richiesta: combattere il separatismo tribale dando priorità all’inclusione e dando peso alla cooperazione.

Volendo ribadire il concetto, Clinton ha esposto brevemente una teoria presentata dall’entomologo e biologo americano Edward O. Wilson nel libro “The Social Conquest of Earth”:

Il grande E.O. Wilson, oggi più che novantenne … sostiene che tra tutte le specie che abbiano mai abitato il pianeta Terra, incluse le 4 milioni di specie attuali, oltre alle 2 milioni di specie che probabilmente non abbiamo ancora identificato, quella che ha vissuto più a lungo è la specie umana – seguita da vicino da formiche, termiti ed api.

E ha detto che questo è il motivo per cui siamo i migliori a cooperare tra noi. E siamo un passo avanti a formiche, termiti ed api perché ne siamo consapevoli ed abbiamo una coscienza. Ma queste qualità devono essere messe al servizio proprio di quella cooperazione”.

Ha quindi fatto notare che tutto ciò fa nascere una responsabilità sociale per le persone in platea – inclusi capi di stato, filantropi e dirigenti di grandi società, ossia soggetti che, se considerati insieme, rappresenterebbero la quarta più grande economia del mondo, subito dopo il Giappone.

La vita “è stata buona con noi e con molte persone a noi care”, ha aggiunto Clinton. “Siamo anche a conoscenza che molte persone si sentono escluse, lasciate indietro … e hanno davvero bisogno di una mano per essere parte del futuro che noi, già oggi, diamo per scontato”.

Una cooperazione proficua, ha chiosato Clinton, dipende “in primo luogo dalla convinzione che possiamo e dobbiamo estendere il concetto di ‘noi’ e restringere il concetto di ‘loro’ – senza che debbano essere necessari terremoti o uragani per renderci conto che è di questo che stiamo parlando”.

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