Magnifica iniziativa. Riccardo ha aperto le riflessioni ponendo tre quesiti: – il debito finanziario incontrollato,- la ricerca di un nuovo modello economico in grado di dare risposte a un presente e a un futuro sempre più problematici, – un’ ipotetica più equa redistribuzione del reddito. Si tratta dei temi della complessità che stiamo vivendo e che le classi dirigenti mondiali dovrebbero affrontare. Temo che così non sarà perché le masse non sono disponibili a ragionamenti complessi, strategici, proiettati nel futuro. C’è nell’aria una strana inquietudine. Le masse scontente, disagiate, ridotte sulla soglia della povertà da una crisi che da 8 anni morde e non mostra di attenuarsi, manifestano segni di insofferenza. Non credono più alla complessità della situazione, chiedono soluzioni immediate, perché urgente è il loro bisogno. C’è nell’aria la strana voglia di invocare il “ Tiranno “ ( nell’ antichità figura non sempre negativa ) che spazzi via la oligarchia che si è impossessata della democrazia. A dare forza e fiato a questo sentiment generale è lo scontento, la delusione di chi è stato lasciato indietro, di chi ha perso i diritti, di chi è stanco di aspettare soluzioni che non arrivano. Ironia della sorte, questa onda lunga avrebbe dovuto essere gestita dalle forze di sinistra ( progressiste ? ) che per definizione dovrebbero essere  orientate al cambiamento e non alla conservazione. Di fronte a questa realtà, da più parti si invoca un’altra sinistra ma nessuno, fino ad ora, ha indicato quale e per quale strada trovarla. Forse c’è un problema di comprensione. Ci sono minoranze di sinistra, gruppi di sinistra-sinistra che si agitano, si sbattono, spaccano capelli in micron ma, nonostante gli sforzi, sembra che nessuno sia riuscito ad afferrare e comprendere la mutazione antropologica che sta stravolgendo la società. Si tratta di una mutazione che permette a tutti di esprimere il proprio pensiero secondo le proprie capacità e nella maggior parte dei casi si  tratta di invettive, ingiurie, vaffa, anatemi, minacce. E’ il segno che non si è più disposti a ragionare, se non nell’ambito dei 140 caratteri. Basta con le argomentazioni che vengono da lontano, con la complessità dei processi, con la difficoltà di gestire l’interconnessione della globalizzazione.  Il messaggio è: “ io ho un problema ora e non ho voglia di stare ad ascoltare le ragioni che spiegano perché sto morendo di fame. Se non ottengo risposte e soluzioni alle domande che pongo, mi rivolgo altrove, vado a destra, mi associo al protezionismo, al nazionalismo al grido di fuori i mussulmani. Divento xenofobo , comincio a parlare di colore della pelle, comincio a cercare il colpevole delle mie sofferenze.” La ricerca di un capro espiatorio è un esercizio antico. Oggi il capro espiatorio ha varie connotazioni ed è quasi sempre collettivo: gli ebrei ( sempre ), gli immigrati, i banchieri, i massoni, i politici ( casta ), i poteri forti, la finanza di tutte le Borse. Capri espiatori collettivi, anonimi, mai nomi e cognomi perché è più facile. Se si riflette che il capro espiatorio era un solo caprone che veniva immolato  addossandogli  tutte le colpe  e tutti i mali  della città, della società, si capisce perché oggi capro espiatorio è un gruppo sul quale far discendere tutti i mali che affliggono le masse in rivolta verso un potere lontano e inadempiente. Masse che oltre al disagio economico si sentono anche defraudate dei diritti conquistati con secoli di lotte anche cruente. Era, è stato ed è molto “cool “, per  le dirigenze politiche, seguire l’onda, le regole non scritte, il mainstream della globalizzazione. Tutti a spiegare che il mercato si sarebbe autoregolamentato. Che regola è mettere in competizione, nel mondo del lavoro, il lavoratore occidentale che è portatore di diritti, conquistati dopo lotte secolari, con il lavoratore cinese o africano che diritti non ne hanno ancora oggi. Chi ha stabilito che il wellfare non ce lo possiamo permettere. A mio sommesso avviso è sui diritti che si gioca la partita politica del futuro. Il ragazzo che lavora per Foodora che effettua 4/5 consegne al giorno per 4 Euro a consegna, oltre questa paga di sopravvivenza che diritti ha ? Pensione? Ferie? Assistenza malattia? Indennità? NIENTE. Tutto cancellato. Amazon ha annunciato per 2017 l’apertura di un supermercato senza casse. Si è vergognato di dire senza cassiere. Un’ intera categoria scomparirà. Queste sono le sfide dell’immediato, queste sono le sfide che deve affrontare che si candida alla guida del governo del paese. Queste sono le risposte che le masse vogliono. Vogliono tornare a parlare di diritti e di partecipazione. Sono disposte a seguire qualunque pifferaio. La sinistra deve rendersi conto che l’estrema libertà della circolazione dei capitali e del lavoro unita alla mancanza di protezione  per le categorie più deboli è uno scenario che può mandare in frantumi tutta la storia di sinistra, scatenando rabbia, scontento e derive molto pericolose. Molto ci sarebbe ancora da dire, ma mi rendo conto che sono andato lungo. Un grazie e un abbraccio a Riccardo pronto a rientrare in campo.

Fidelio Perchinelli

Comments (5)
  1. ermando Castiglioni (reply)

    12 Dicembre 2016 at 15:53

    Bonasera a tutti

    Ottima analisi che condivido totalmente, so che è difficile, dovremmo però dare delle indicazioni di soluzioni ai problemi posti per ampliare la discussione.

    Ermando Castiglioni

    • Mauro (reply)

      12 Dicembre 2016 at 18:43

      Certo
      bisogna scendere in strada e capire i problemi di tutti giorni.
      La classe politica italiana sembra non essersi assolutamente accorta di ciò che accade e forse non è solo quella Italiana…….La politica si è rinchiusa nelle strategie di palazzo senza capire che il palazzo sta crollando………..Non c’è altra soluzione che fare 2 passi indietro per poter tornare ad avanzare di uno
      Dobbiamo obtorto collo ridare spazio all’ uomo più che alle macchine ritornando ad una economia più sana e reale e cioè fondata non sulla carta ma sui prodotti.
      Cerchiamo di far lavorare le persone e non i robot e far guadagnare chi produce realmente e non chi gioca con la carta
      Mauro

  2. Roberto Cottellero (reply)

    13 Dicembre 2016 at 11:49

    Ottima iniziativa e perspicaci domande.
    In merito alla seconda, posso osservare che l’ultimo rapporto del Word Economic Forum dice che macchine intelligenti e robot rimpiazzeranno 5 milioni di posti di lavoro entro 4 anni.
    A fronte di tale scenario inquietante, Satoshi Kuroiwa, guru dei robot della Toyota, ha osservato:
    “Noi di Toyota non la pensiamo così: le nuove tecnologie possono sollevare le persone dalle attività a minor valore aggiunto, virandole altrove. Quindi: non solo non tolgono posti di lavoro, ma smuovono l’ingegno delle persone. Siamo tuttavia all’alba di una rivoluzione cognitiva, perché algoritmi e macchine stanno sostituendo attività cognitive. D’altro canto, se in passato una competenza durava 50 anni, oggi siamo a meno di 5.”
    Mi pare dunque che, dopo la prima e ottimistica previsione, la conclusione sia molto meno rosea.

  3. Fernando Santoni de Sio (reply)

    13 Dicembre 2016 at 12:40

    L’analisi di Fidelio Perchinelli è perfetta nella diagnosi, non altrettanto, come spesso capita, nella cura.
    Non mi sembra, ma posso sbagliare, che in questi anni siano stati ridotti i diritti dei lavoratori o in generale dei cittadini. Anzi, l’estensione ai precari di molte tutele dei lavoratori a tempo indeterminato ne è la prova.
    I fenomeni del tipo “FOODORA” ci sono sempre stati ma riguardavano i giovani che arrotondavano lo stipendio o che si pagavano così le vacanze. Il problema vero è che oggi quel “lavoretto” in mancanza di meglio è diventato il lavoro principale. Non credo neanche che il problema sia determinato dalla “concorrenza sleale” dei paesi sottosviluppati che competono con stipendi da fame e assenza dei diritti per i lavoratori.
    Ormai le aziende non si salvano delocalizzando perché hanno capito che a bassi stipendi corrispondono bassa qualità del lavoro e diritti incerti anche per gli imprenditori. Che la concorrenza non si può fare sui bassi costi (si troverà sempre chi paga meno di te) ma sulla qualità del prodotto e sui processi di produzione.
    E allora? La questione è che manca il lavoro, non i diritti sul lavoro.
    In anni di non sviluppo, anzi di vera e propria recessione, l’automazione aumenta, non altrettanto nuove opportunità di lavoro.
    L’automazione sostituisce il lavoro umano, ma i robot devono a loro volta essere costruiti e prima ancora progettati. Il problema è che senza investimenti e senza sviluppo i posti di lavoro li perdiamo noi e la tecnologia la importiamo.
    Negli Stati Uniti d’America, paese di grande democrazia ma di scarsissimi diritti dei lavoratori, la crisi è stata superata e la disoccupazione è inferiore al 5%.
    Rimane comunque il problema di una migliore distribuzione della ricchezza e un solo stipendio in famiglia non basta più.
    Le classi più impoverite sono la media e la piccola borghesia oggi alle soglie della povertà.
    “Che fare?” (Ti piace la citazione Fidelio?). Ma non posso rispondere a tutto io. Incominciamo però ad aumentare la ricchezza. A come redistribuirla ci penseremo.
    Alla prossima.
    Fernando Santoni de Sio

  4. GIORGIO CHIARVA (reply)

    13 Dicembre 2016 at 17:04

    Buon giorno a tutti,
    il discorso si sta allargando e, così facendo, rischiamo di farlo derivare in elucubrazioni esclusivamente politiche.
    Ripartirei dal debito finanziario incontrollato per verificare se, in qualche modo, si possa comprendere quali ne siano le ragioni. Il debito deriva dalla differenza tra i costi (tutte le spese correnti inclusi gli interessi del debito stesso, le pensioni, i costi dello Stato, ecc.) e i ricavi (le tasse effettivamente incassate) dunque o si alzano le entrate o si abbassano le uscite. Un governo che vuole essere (ri)eletto non sarà mai in grado di ridurre i costi perché questi derivano principalmente dal costo del welfare e da quello della amministrazione pubblica; va da sé che per ridurre i costi bisogna spargere sangue in quei settori. Alternativa potrebbe essere l’aumento delle tasse.
    Quindi, dopo aver detto queste ovvietà, cosa ci aspetta? La speranza che l’economia mondiale abbia un incremento così ricco da coinvolgere anche l’Italia procurandoci un incremento di gettito fiscale che, a parità di aliquote, riduca il debito.
    Non sono invece d’accordo con Fidelio Perchinelli quando auspica che la partita politica del futuro si giochi sui diritti. Forse ce lo siamo dimenticato dopo anni di lotte sindacali a volte sgangherate, ma insieme ai diritti (alcuni sacrosanti altri meno) ci sarebbero anche i doveri e di questi non se ne parla mai. Mi piacerebbe vedere un governo che nasce con un programma dove si includono anche i doveri.
    Non si parla della Scuola e degli insegnanti ignoranti e rassegnati, il cui dovere sarebbe quello di rendere gli allievi in grado di affrontare il futuro.
    Non si parla dell’educazione civica (ricordate che alle elementari ci insegnavano l’educazione civica?), cosa che a chiedere per strada oggi cos’è ci sarebbe da ridere. Eppure è il modo che ci permettere di vivere in una comunità senza disturbarci l’un l’altro. È banalmente l’invenzione sociale più recente ed è un dovere di civiltà.
    Mi sono permesso di suggerire solo due argomenti che sono nell’ordine, il primo la base della modernità e della crescita; il secondo la regola della convivenza. Se questi due argomenti funzionassero non avremmo bisogno di pensare al debito pubblico.
    Giorgio Chiarva

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