Proprio quando il nostro Parlamento sta discutendo sul contenuto della proposta italiana del Recovery Plan, ci arrivano da Berlino due notizie confortanti per l’Europa e per il nostro Paese.

Da un lato, la Corte Costituzionale di Karlsruhe ha sciolto positivamente, non in modo definitivo ma in linea di principio, la riserva sulla legittimità costituzionale della votazione “quasi bulgara” delle due camere del parlamento tedesco sul Recovery Plan.

Dall’altro lato, la CDU, ha scelto il successore di Angela Merkel alla guida del partito: Armin Laschet, un europeista convinto e un seguace attento e puntiglioso degli insegnamenti della Merkel.

Vediamo in sintesi queste due apparentemente positive notizie.

I giudici costituzionali tedeschi hanno respinto nei giorni scorsi il ricorso d’urgenza che congelava l’entrata in vigore della legge tedesca sulle risorse proprie del bilancio UE, autorizzando la Commissione Europea a raccogliere fondi sui mercati sino a 750 miliardi di euro.

La legge, approvata, come detto, a larghissima maggioranza al Bundestag e all’unanimità al Bundesrat era stata bloccata il 26 marzo scorso proprio alla vigilia della firma di ratifica del presidente federale Frank-Walter Steinmeier. I giudici della Corte di Karlsruhe hanno respinto la richiesta presentata da Bernd Luecke, uno dei fondatori del partito di estrema destra AFD, ma hanno voluto evidenziare, in una specifica nota a parte, che il ricorso “non è manifestatamente infondato”.

La Corte ha precisato che una verifica approfondita della questione avrebbe potuto comportare conseguenze più dannose: dunque lo sblocco della norma è ancora a titolo transitorio in attesa della decisione definitiva della Corte.

Berlino si può così aggiungere alla maggior parte dei 27 paesi europei che hanno già approvato la legge.

La Corte ha voluto però ribadire la caratteristica dell’eccezionalità del Recovery Plan, un esempio di “debito comune” che deve rimanere unico e irripetibile: la collettivizzazione del debito europeo, se diventasse la norma o la prassi, violerebbe il disposto della Carta Costituzionale tedesca.

Insomma, Bruxelles e gli altri paesi membri non si illudano, gli Eurobond o gli altri strumenti di debito comune, non dovranno diventare automaticamente strumenti ordinari di finanziamento dell’Unione Europea.

Sul punto la Corte di Karlsruhe continua ad essere rigorosissima fissando una serie di paletti importanti da cui Bruxelles non potrà discostarsi.

Ci riferiamo in particolare, riprendendo i concetti espressi nella motivazione del provvedimento della Corte Costituzionale tedesca, ai seguenti punti: (i) se la legge sui mezzi propri possa portare a strumenti permanenti che produrrebbero un’assunzione di rischi per la Germania per decisioni prese da altri stati membri; (ii) e se questi rischi potenziali possano incidere strutturalmente sui poteri di bilancio del Bundestag; (iii) e se sarà garantito che il Bundestag abbia sufficiente influsso parlamentare sulle decisioni che riguarderanno il “come” verranno usati questi fondi.

Non è esclusoscrive la Corte – che ci sia una possibile violazione della Costituzione in questo senso”.

I giudici hanno respinto gli argomenti dei ricorrenti sostenendo che “Non è molto probabile che le responsabilità di bilancio complessive del Bundestag … siano state violate… L’autorizzazione alla Commissione UE di finanziarsi sul mercato fino a 750 miliardi di euro… non crea rischi diretti per la Germania o per il suo bilancio federale”.

Ma questo provvedimento, sottolineano i giudici, “Non riguarda eventuali finanziamenti futuri”.

Tutto apparentemente bene per il prosieguo dell’iter sull’approvazione del Recovery Plan, nei tempi previsti.

Non creiamoci però soverchie speranze sulla replicabilità di questo tipo di operazioni.

La teoria di Hamilton è tutt’altro che accolta dalla Corte tedesca e Macron e Draghi ne tengano conto nei loro futuri progetti finanziari e fiscali per l’Unione Europea.

Sulla seconda notizia, della designazione di Armin Laschet alla guida della CDU, tutto fa pensare alla continuità della politica merkeliana, favorevole ad una Unione Europea sempre più forte e compatta, anche a rischio di perdere qualche pezzo per strada.

In vista delle prossime elezioni politiche del settembre 2021, il quadro dei contendenti si è definitivamente chiarito.

I tre grandi partiti hanno individuato i loro leader: tutti i candidati appaiono, chi più chi meno, europeisti convinti.

Annalena Baerbock, leader dei Verdi, ha sempre espresso il suo favore sugli Eurobond.

I Verdi stanno facendo una battaglia in Germania per ammorbidire la regola del pareggio di bilancio scolpita nella Costituzione.

Olaf Scholz, candidato del partito social-democratico, quando era ministro delle finanze fece una dura battaglia contro gli olandesi per togliere ogni condizionalità al fondo salva-Stati ESM.

Scholz è stato uno dei padri del progetto che ha dato vita al Recovery Fund.

Lui stesso lo ha definito un “momento hamiltoniano” per gli europei.

Dunque possiamo ben sperare che la Germania, qualsiasi sia la coalizione che vincerà le elezioni, continuerà a rafforzare la sua politica europeista.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.