Quasi marginalizzata dalla prepotente potenza mediatica delle continue emergenze umanitarie e sociali, la notizia dell’accordo franco-tedesco, non ha quasi mai trovato spazio nelle prime pagine dei nostri giornali.

Il trattato di Aquisgrana sottoscritto da Angela Merkel ed Emmanuel Macron il 22 gennaio scorso è passato quasi inosservato. Sotto silenzio. Interpretato dai pochi interessati con due letture diametralmente opposte: o come la rappresentazione plastica di un ulteriore “tappo” al futuro dell’Unione Europea (lo stretto legame Francia-Germania consolida una leadership europea binaria non a favore di una vera Europa dei popoli, federata e rispettosa dei diritti di tutti gli stati membri, grandi e piccoli) o, alternativamente, come un’ auspicata risposta europeista contro il dilagare dei populismi sovranisti.

Il consolidamento, in altre parole, di una egemonia dei due più grandi paesi o, finalmente, un segnale forte di riaffermazione di una alleanza tra le due nazioni fondamentali per il rilancio di una strategia europea adeguata e vincente?

Pickett ha cercato di capirlo andandosi a leggere i 28 articoli del documento finale che ha costituito un’integrazione del trattato firmato nel 1963 dal Generale de Gaulle e da Konrad Adenauer, che diede vita al mitico asse franco-tedesco.

Certo, inutile nasconderselo, è stato un gesto simbolico in vista delle prossime elezioni europee. Un evento, non a caso, organizzato in una città tedesca, Aquisgrana, in passato capitale del regno di Carlo Magno. Una città simbolo di integrazione europeista, sede, nel corso dei secoli, di ben 4 conferenze per la firma di trattati di pace che hanno segnato la storia del nostro continente (812 d.C., con il riconoscimento dell’impero carolingio; 1668, con la fine della guerra di Devoluzione; 1748, con la fine della guerra di successione austriaca; 1815, con la fine dell’occupazione della Francia da parte della Santa Alleanza).

Vediamone dunque, in sintesi, il contenuto di questo quinto trattato firmato, come detto, il 22 gennaio 2019 dalla Merkel e da Macron.

Una parte rilevante del documento riguarda la difesa comune: “Una clausola di solidarietà bilaterale in caso di aggressione a uno dei due paesi”. Una clausola che sembra più formale che sostanziale ma che invece acquista rilievo in quanto riferita anche alla difesa comune contro il terrorismo internazionale. La Merkel ha voluto enfatizzare che questo impegno reciproco costituisce un “contributo alla creazione di un esercito europeo”, proprio quel progetto combattuto e sconfitto dal Generale de Gaulle. Il trattato prevede la creazione di un nuovo organismo politico, il Comitato Franco-Tedesco, della difesa e della sicurezza.

A fronte di questa risottolineatura dell’importanza di un consolidamento della difesa comune dei due stati, la Francia si è impegnata ad esercitare tutto il suo prestigio per appoggiare la candidatura della Germania ad ottenere un seggio permanente nel consiglio di sicurezza dell’ONU.

Diversi articoli sono dedicati all’implementazione della cooperazione economica con l’obiettivo di armonizzare il diritto commerciale dei due paesi e di tutte le norme relative al diritto societario. Tutto ciò per favorire l’interscambio e le collaborazioni industriali, commerciali e finanziarie tra le imprese dei due stati.

Si ribadisce la necessità di rafforzare la cooperazione transfrontaliera con la possibilità di deroghe amministrative e giuridiche che facilitino i controlli alle frontiere.

Il bilinguismo diventa un traguardo da raggiungere soprattutto nelle regioni di confine come l’Alsazia e la Lorena.

Molto interessante è la parte del trattato che riguarda l’introduzione di nuovi elementi di governance nelle relazioni tra la Francia e la Germania: eccovi alcuni esempi. Viene istituita un’Assemblea comune permanente formata da 100 deputati francesi e tedeschi. Si prevede la consultazione obbligatoria tra i due governi prima di ogni vertice europeo con l’obiettivo di cercare posizioni comuni. Ogni tre mesi un ministro di uno dei due paesi parteciperà al Consiglio dei Ministri dell’altro. Saranno inoltre creati 5 istituti di cultura comuni franco-tedeschi all’estero: uno a Palermo.

Insomma Macron e la Merkel hanno firmato un accordo programmatico con della sostanza, non solo con del fumo propagandistico. Con l’istituzione di nuovi organi che permetteranno ai due paesi un continuo e virtuoso confronto ai massimi livelli istituzionali.

Certo chi si aspettava un rilancio in grande stile dell’idea europeista è rimasto deluso. Il trattato non ha né la visione, né la suggestione, né lo slancio per rilanciare, da solo, un’Unione Europea così zoppicante come quella attuale. I due leader firmatari hanno però voluto sottolineare che in un momento di incertezze sui futuri rapporti con gli Stati Uniti di Trump, di permanenti tensioni con la Russia di Putin, di crescenti nazionalismi in Europa, è molto importante il consolidamento delle due nazioni guida del nostro continente “affronteremo insieme, mano nella mano – ha dichiarato la Merkel – le grandi sfide del nostro tempo. Il trattato è la risposta dei nostri due paesi di fronte al rafforzarsi di populismo e nazionalismo”.

Per Macron, anche come risposta agli attacchi da lui subiti da giorni nella Rete da parte dell’estrema destra tedesca e francese, il documento costituisce “uno scudo di protezione contro le tempeste del mondo. Coloro che dimenticano il valore della riconciliazione franco-tedesca si rendono complici dei crimini del passato. E quelli che diffondono delle menzogne fanno del male ai popoli che hanno la pretesa di difendere”.

Probabilmente, secondo Pickett, Aquisgrana 2019 non passerà alla storia come gli altri trattati che sono stati firmati in questa città. Non bisogna però sottovalutare l’importanza del segnale che i due leader hanno voluto dare a tutti i paesi membri dell’Unione Europea e non solo a loro: “Il trattato è un progetto democratico – ha dichiarato Macron – e non il sogno di un impero”.

La speranza, anche di noi italiani, purtroppo assenti a questi livelli istituzionali e diplomatici internazionali, è che questo trattato possa davvero rappresentare una ripartenza per un progetto di riforma dell’Europa che tesaurizzi le esperienze negative maturate negli ultimi anni e che hanno portato all’esplosione del malessere populista e sovranista.

 

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