Quando da bambino non sapevo fare qualcosa o la facevo sbagliando, mio padre mi consolava dicendo: “Non ti preoccupare anche il Papa a volte si sbaglia a dir Messa”. Era un modo semplice ma efficace per farmi capire che l’uomo è fallibile per definizione e che quindi bisognava esserne – da un lato – consapevoli e – dall’altro – comprensivi con se stessi e con il nostro prossimo.
Allo stato anche l’intelligenza artificiale è simile all’intelligenza umana e sbaglia; ci pensavo leggendo la notizia del pedone travolto ed ucciso negli Stati Uniti da un’auto a guida autonoma.
Parliamo di una macchina che ha una guida autonoma di livello 4, capace quindi di procedere per le strade senza che il conducente debba intervenire, ma ha ancora pedali e volante, al contrario di quella di livello 5 che ne è priva. Dopo l’incidente il progetto è stato momentaneamente sospeso ma, trovato e risolto il problema che ha causato l’incidente, la volontà è quella di procedere nei test con rinnovata energia, anche perché le opportunità  che si presentano sono considerate eccezionali con un business da 7mila miliardi di dollari entro il 2050.
Questo oggi, ma per quanto riguarda la fallibilità dell’intelligenza umana o artificiale, che cosa ci riserva il futuro?
Io credo che la mente umana, seppure straordinaria, sarà sempre fallibile, anche perché l’uomo deve sempre fare i conti con la sua emotività e considero il famoso “sangue freddo” una mera utopia.
Invece l’intelligenza artificiale, che tra l’altro non è, allo stato, emotiva (non credo che la macchina di cui sopra si sia rammaricata per l’incidente), ha grandi margini di miglioramento.
Le ricerche procedono veloci e c’è chi, come Ray Kurzweil, prevede che l’intelligenza artificiale  potrà raggiungere, in tempi relativamente brevi, un’intelligenza di livello umano. Secondo poi il responsabile delle ricerche sul machine learning di Google, nel 2045 l’intelligenza artificiale supererà quella umana e proseguirà in una catena senza fine, creando realtà artificiali sempre più intelligenti.
Una progressione che potrebbe portare a entità perfette immuni da errori anche se, come ammoniva il compianto Stephen Hawking, riuscire a far brillare nel silicio la luce dell’intelligenza umana, o addirittura migliore di quella umana, sarebbe la più grande conquista dell’uomo, ma forse l’ultima.

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