Come anticipato da Pickett pochi giorni fa, il tema del modello “malato” del nostro sistema agro-industriale e distributivo è al centro del dibattito nazionale. La regola che prevede prezzi alti per i consumatori e solo le briciole ai produttori, grazie alla protesta dei pastori sardi, è tornata prepotentemente sulle prime pagine dell’attualità. Un cronista de La Stampa è entrato in un supermercato del centro di Torino e ha trovato un chilo di clementine calabresi ad un prezzo di 1,70. Al contadino che le ha coltivate e poi raccolte sono rimasti in tasca 15 centesimi, meno di 1/10, perché i meccanismi del mercato hanno assegnato alla commercializzazione la percentuale maggiore di profitto sulla vendita dei prodotti che ogni giorno finiscono sulle nostre tavole.

Uno studio recentissimo della Coldiretti ci aiuta a capire meglio il perimetro di questo tragico e scandaloso problema che si fa beffe dei produttori e dei consumatori, arricchendo l’intermediario-distributore.

Per ogni euro di spesa in prodotti freschi – scrive la relazione della Coldiretti – soltanto 22 centesimi finiscono nelle mani di chi ha zappato la terra e colto i suoi frutti (22%). Il paradosso più evidente è quello che riguarda il pomodoro: la bottiglia di vetro finisce per costare più della materia prima. La Coldiretti ha calcolato che per acquistare 700 ml di passata di pomodoro si spende circa 1,30 centesimi e il 53% di questa cifra finisce per essere assorbito dalla distribuzione commerciale. Il 18% remunera i costi di produzione industriale, composti da un 10% per la bottiglia e un misero 8% per il contadino.

E’ urgente rendere più equa e giusta la catena di commercializzazione degli alimenti – ha scritto Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti – anche con interventi che servano a limitare lo strapotere contrattuale dei nuovi poteri forti dell’agroalimentare”.

Altri due esempi ci aiutano a capire meglio la situazione. Al supermercato il pane costa euro 2,80 centesimi, ma il grano viene pagato 20 centesimi al chilo. Dalla terra allo scaffale il prezzo si moltiplica dunque di quasi 15 volte. Per il riso vale lo stesso discorso: per un solo piatto, il costo cresce del 500%. Ma a guadagnarci non è mai il contadino.

Abbiamo tutti quindi la responsabilità di tenere aperto questo dibattito: qualcosa, come auspica la Coldiretti, deve cambiare. I recenti risultati elettorali amministrativi della Sardegna qualche insegnamento ce lo forniscono: la demagogia non paga e bisogna incominciare a ridurre la propaganda e a occuparsi sul serio dei problemi reali del nostro paese.

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